ALDILA' RISURREZIONE E REINCARNAZIONE

ARTICOLI SULL'ALDILA LA RISURREZIONE E LE CREDENZE ERETICHE DI REINCARNAZIONE E METEMPSICOSI

martedì 2 giugno 2009

Osel Hita Torres, il giovane spagnolo che non vuole più essere la reincarnazione di un maestro Lama


Buddismo/ Lama: Osel Hita Torres, il giovane spagnolo che non vuole più essere la reincarnazione di un maestro Lama
di Riccardo Panzetta*
Ha detto basta. Ed è andato via. Niente più preghiere o meditazione. Basta anche a quella rigida formazione dottrinaria cui i monaci buddisti lo hanno avviato sin da quando aveva poco più di un anno. Osel Hita Torres, 24 anni, non vuole più essere (o credere di essere) la reincarnazione di un maestro Lama morto venticinque anni fa. Ha deciso di lasciarsi tutto alle spalle, il giovane ragazzo spagnolo, e di dedicarsi al cinema, frequentando un corso triennale di cinematografia all’Università di Madrid.

La sua è una fuga dalla vocazione, impostagli quando aveva appena 14 mesi. «Mi hanno tolto alla mia famiglia - ha dichiarato - mi hanno gettato in un mondo medievale dove ho sofferto come un cane».

Tutto inizia con la morte del maestro Lama Yeshe. E’ il 1984 e il guru tibetano, stravagante e molto amato, lascia un vuoto spirituale nei suoi discepoli. Uno di essi, Lama Zopa, si mette subito alla ricerca della reincarnazione del suo adorato maestro. Una serie di visioni, sogni e premonizioni conducono Lama Zopa in un centro buddista poco lontano da Grenada, dove incontra i genitori del piccolo Osel, anch’essi allievi del defunto Yeshe.

Il bimbo viene inserito in una lista di dieci potenziali “reincarnazioni” e l’elenco viene spedito al Dalai Lama. Dopo mesi di “verifiche” e studi, viene scelto Osel che parte per l’India per ricevere la sua educazione monastica.

I genitori, nel frattempo, divorziano e la madre si mostra irrequieta e insofferente verso l’investitura mistica di suo figlio. Nel 1995 rilascia un’infuocata intervista al New York Times in cui sostiene che il piccolo Lama ha ancora bisogno delle cure materne e si scaglia contro i monaci accusati di viziarlo e di trasformarlo in un piccolo tiranno. Inizia una querelle che si conclude con una concessione: la madre potrà vedere più spesso suo figlio, insegnargli lo spagnolo a patto di mantenere un comportamento più equilibrato.

Il giovane Lama spagnolo è diviso tra due mondi quello familiare-affettivo e quello monastico-spirituale. Alla fine il giocattolo si rompe e Osel, stufo di battere una strada che non sentiva più sua, molla la tonaca e torna a casa. Per assecondare il karma che sente più suo: fare il regista e girare un film. Magari il seguito del “Piccolo Buddha”.

*Scuola superiore Giornalismo Luiss





http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-mondo/buddismo-lama-osel-hita-torres-il-giovane-spagnolo-che-non-vuole-piu-essere-la-reincarnazione-di-un-maestro-lama-33819/

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UN ARTICOLO DEL 2007


Il «Piccolo Budda» si dà al cinema
Osel Hita, 22 anni, reincarnazione del lama Thubten, si è stancato del monastero in Tibet e si è iscritto a una scuola canadese di regia

MADRID – Sempre di luce si tratta, in fondo: ma invece di inseguire l’illuminazione spirituale, il «piccolo Budda» spagnolo ha preferito seguire le orme dei fratelli Lumière. E darsi al cinema. Osel Hita, la cui vicenda ispirò il regista Bernardo Bertolucci, ora ha 22 anni e, quando nacque, con un parto quasi senza dolore, in un ospedale di Granada, il 12 febbraio 1985, era un bimbo stranamente sereno e placido: non piangeva mai, era radioso. Perciò fu chiamato «Osel», luce chiara in tibetano, e fu riconosciuto dal Dalai Lama come la reincarnazione del lama Thubten Yeshe, morto undici mesi prima in California.
I genitori di Osel, ora divorziati, appartengono alla comunità buddista locale e a metà degli anni Ottanta decisero con entusiasmo di assecondare il disegno divino, avviando il piccolo al suo destino di futuro leader del buddismo tibetano in Occidente. Osel, a 14 mesi, era diventato il primo bambino spagnolo riconosciuto come reincarnazione di un lama, ma questo comportava per lui la vita monacale, una dura disciplina, 16 ore di studio al giorno e nessuno svago tipicamente infantile. Doveva abbandonare la famiglia e crescere tra preghiere e meditazione. Già a 8 anni, nel 1993, Osel scrisse una lettera dal monastero tibetano di Sera a sua madre, chiedendole di venire a riprenderlo.
Maria Torres ne discusse con il marito Paco, che decise di partire con un altro dei suoi figli, Kunkyen, anche lui monaco consacrato, per andare a tenere un po’ di compagnia al suo bimbo lama in crisi. Ma quella vita proprio non faceva per Osel. Che, a 18 anni, aveva voglia di una strada diversa, meno elevata magari, ma un po’ più «normale», e possibilmente percorrerla in moto, come tutti i suoi coetanei. Contro ogni aspettativa e ogni segnale celeste, Osel voleva seguire la sua grande, terrena passione: il cinema. Se qualcuno ha cercato di dissuaderlo, lo sa soltanto lui. E in ogni caso non c’è riuscito: dopo aver lasciato il monastero, Osel ha vissuto un po’ a Ibiza con sua madre, poi ha viaggiato per gli Stati Uniti e l’Europa e ora si è iscritto a una scuola di regia cinematografica in Canada. La decisione di lasciarsi alle spalle la facoltà di filosofia buddista metafisica e dialettica del Tibet non è definitiva né irrevocabile: in qualunque momento, Osel può tornare alla vita monastica e per i tibetani resterà una guida spirituale. Anche se Hollywood dovesse conquistarlo per sempre.
Elisabetta Rosaspina
20 agosto 2007

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2007/08_Agosto/20/piccolo_budda_cinema.shtml

lunedì 4 maggio 2009

Islam: Vergini, Sesso e Paradiso

Islam: Vergini, Sesso e Paradiso
di Naomi Ragen
Estratto da "Jerusalem Post", Columns Article, July 7, 2001
Traduzione italiana a cura dell' I.C.C.I.I.

(6 settembre) [...] Recentemente l'anchorman statunitense Bob Simon ha intervistato Muhammad Abu Wardeh durante il popolare talk-show Sixty Minutes. Le sue dichiarazioni in arabo sono state tradotte come: "Dio ricompenserà il martire che sacrifica la vita per la sua patria. Se diventi un martire, Dio ti darà settanta vergini, settanta mogli ed una beatitudine perpetua."

A seguito dell'accaduto, alcuni arabo-americani hanno iniziato a dichiarare che ciò è "oltraggioso", e che si tratta non solo di "cattiva traduzione", ma anche di "notizia manifestamente falsa". Maher Hathout, uno "studioso"del Centro Islamico della California del Sud, ha scritto al quotidiano "Constitution" di Atlanta: "Nel Corano o nell'insegnamento islamico non vi è nulla di relativo alle settanta vergini, o al sesso in paradiso. Pretendere una cosa del genere è ridicolo, ed i veri musulmani lo sanno."

Ma davvero?

Sheikh Abdul Hadi Palazzi, guida dell'Istituto Culturale della Comunità Islamica Italiana, nonché vero sapiente islamico, interpellato in merito ha commentato: "La cosa invero ridicola è che vi sia chi pretende qualificarsi come 'sapiente islamico' nell'atto stesso in cui rilascia pubbliche dichiarazioni dalle quali si evince come egli non abbia mai studiato il Commentario di Ibn Kathir, e la raccolta 'Sunan' di Abu Dawud, entrambi parte di una imprescindibile propedeutica allo studio delle scienze dell'Islam. Spiace che l'attribuzione di cattedre e qualifiche a docenti privi dei requisiti basilari seguiti ad essere la regola nei centri islamici americani controllati dal network fondamentalista dei 'Fratelli Musulmani.'

"Secondo l'Islam - prosegue Palazzi - vi sono settantadue mogli per ciascun credente che è ammesso in Paradiso. La prova è nel hadith trasmesso da at-Tirmidhi nella raccolta 'Sunan' (Vol. IV, capitoli su 'Le caratteristiche del Paradiso così come descritte dall'Inviato di Allah', Capitolo 21: "La ricompensa minima degli abitanti del Paradiso", hadith n. 2687).

"La medesima tradizione è altresì citata da Ibn Kathir nel suo Tafsir (Commentario coranico) a Surah ar-Rahman (55), ayah 72, ed il suo significato è:

"Ha riferito Daraj Ibn Abi Hatim che Abu al-Haytham Abdullah Ibn Wahb ha narrato da Abu Sa'id al-Khudhri, che ha sentito il Profeta Muhammad (su di lui la benedizione di Allah e la pace) dire: 'La minima ricompensa per gli abitanti del Paradiso è una dimora con ottantamila servi e settantadue mogli, coperta da una cupola ornata di perle, acquamarina e rubino, ed ampia quanto la distanza da al-Jabiyyah a San'a'." Ibn Kathir spiega in 'al-Bidayah wa an-Nihayah' che al-Jabiyyah è il nome d'un sobborgo di Damasco.

"Che le settantadue mogli siano vergini è provato dal ayah 74 della stessa Surah, il cui senso è, 'Né uomo, né jinn le ha mai toccate prima'." [...]
http://www.amislam.com/vergini.htm

giovedì 30 aprile 2009

L'INERNO DALLA SACRA BIBBIA


L'INFERNO DESCRITTO DA GESÙ



Gesù, nei suoi messaggi, ha parlato più della realtà dell'inferno, che della realtà del Cielo.

Di seguito sono riportati alcuni versetti dove Gesù descrive l'inferno, che in questi casi si riferisce allo "Stagno di fuoco e di zolfo" come in Apocalisse 20:14-15.



Matteo 5:22

Ma io vi dico: Chiunque si adira contro suo fratello senza motivo, sarà sottoposto al giudizio; e chi avrà detto al proprio fratello "stupido", sarà giudicato dal tribunale; e chi gli avrà detto "pazzo", sarà condannato al fuoco dell'inferno.

Matteo 11:23

Gesù quando rimprovero Capernaum gli disse: "E tu, o Capernaum, sarai tu forse innalzata fino al cielo? No, tu scenderai fino nell'Ades"

Matteo 13:40

Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.

Matteo 13:42

E li getteranno nella fornace ardente. Lì sarà il pianto e lo stridor di denti.

Matteo 18:8

Ora, se la tua mano, o il tuo piede, ti è occasione di peccato, mozzali e gettali via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani e due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno.

Matteo 22:13

Allora il re disse ai servi:"Legatelo mani e piedi, prendetelo e gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor di denti.

Matteo 23:33

Serpenti, razza di vipere! Come sfuggirete alla condanna dell'inferno?

Matteo 25:41

Allora Egli dirà ancora a coloro che saranno a sinistra:"Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e per i suoi angeli.

Matteo 25:46

E questi andranno nelle pene eterne, ed i giusti nella vita eterna.

Marco 3:29

Ma chiunque bestemmierà contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato, ma sarà destinato alla dannazione eterna.

Marco 9:43

Se la tua mano ti è occasione di peccato tagliala! E' meglio per te entrare monco nella vita, che avere due mani ed andare all'inferno, nel fuoco inestinguibile.

Marco 9:48

Dove il loro verme non muore ed il fuoco non si spegne.

Giovanni 5:29

Quelli che hanno fatto il bene risusciteranno alla vita; e quelli che hanno fatto il male risusciteranno a condanna.



ALCUNI PASSI DELL'ANTICO TESTAMENTO



Alcuni passi delle Sacre Scritture che confermano l'esistenza del soggiorno dei morti e che esso si trova sotto terra ad una grande profondità e che la vi scendono gli empi quando muoiono.



"Gli empi se n'andranno al soggiorno dei morti, si, tutte le nazioni che dimenticano Iddio" (Salmo 9:17), ed a proposito della sorte di quelli che confidano nei loro grandi averi e si gloriano della grandezza delle loro ricchezze e scritto: "Sono cacciati come pecore nel soggiorno dei morti; la morte e il loro pastore" (Salmo 49:14).



Giobbe, parlando degli empi, disse: "Passano felici i loro giorni poi scendono in un attimo nel soggiorno dei morti" (Giobbe 21:13).



Isaia, parlando della sorte di quelli che in Sion non ponevano mente a quel che faceva il Signore, ma si inebriavano di vino e di bevande alcoliche disse: "Perciò il soggiorno dei morti si è aperto bramoso, ed ha spalancata fuor di modo la gola; e laggiù scende lo splendore di Sion, la sua folla, il suo chiasso, e colui che in mezzo ad essa festeggia" (Isaia 5:14).



Sempre Isaia, nell'oracolo contro il re di Babilonia, disse ad Israele: "Tu pronunzierai questo canto sul re di Babilonia e dirai:.. Il soggiorno dei morti, laggiù si è commosso per te, per venire ad incontrarti alla tua venuta. Il tuo fasto e il suon dei tuoi salteri sono stati fatti scendere nel soggiorno dei morti" (Isaia 14:3,9,11).



Dio per mezzo di Ezechiele predisse ciò che avrebbe fatto a Tiro con queste parole: "Allora ti trarrò giù, con quelli che scendono nella fossa, fra il popolo d'un tempo, ti faro dimorare nelle profondità della terra, nelle solitudini eterne, con quelli che scendono nella fossa..." (Ezechiele 26:20).

http://www.incontraregesu.it/bibbia_inferno.html


BREVE DESCRIZIONE DELL'INFERNO SECONDO LA BIBBIA



Anche se è ragionevole credere che la descrizione dell'inferno fatta da Dante Alighieri, nella sua Divina Commedia, è frutto della sua fantasia, non possiamo però ignorare che Dio stesso, prima tramite i profeti e poi tramite Suo Figlio Gesù e gli apostoli, ci parla dell'esistenza di quel luogo e condizione di tormento, che Lui stesso ha destinato a durare per l'eternità.



Sembra essere scontato che, come membri di chiesa e credenti di fede cristiana, accettiamo, tra l'altro, uno degli insegnamenti basilari di Cristo, che è l'esistenza dell'inferno. Purtroppo molti "credenti" rifiutano di accettare tale realtà come voluta da Dio e proclamata dalla Chiesa. Per qualcuno la questione dell'inferno viene aggirata con l'accettazione di ragionamenti e filosofie che alla fine pongono Dio in una posizione di impotenza (alla fine non è capace di perdonare tutti), o di troppa magnanimità (alla fine Dio perdona tutti) o, nel peggiore dei casi, nella posizione dell'ingannatore (Dio ha parlato sì dell'inferno, però non voleva dire che le persone debbono soffrire, etc., etc.). Quando Dio ha voluto creare tutte le cose che esistono non ha chiesto conto a nessuno, per cui anche se non crediamo e non accettiamo qualcosa che Dio ha fatto, non per questo possiamo dire che non esiste!

COS'É L'INFERNO?

Come punto di partenza dobbiamo fare una distinzione tra il luogo di tormento in cui vanno i peccatori che non hanno voluto ricevere la Grazia, e il luogo, di tormento anch'esso, chiamato "Lo Stagno di Fuoco e di Zolfo", in cui vanno a finire, sempre gli stessi, dopo il Giudizio finale o universale, più Satana con i suoi demoni, la Bestia, il Falso Profeta, e gli angeli ribelli che sono incatenati nell'Abisso.

Spesse volte, sia il primo che il secondo luogo, vengono chiamati con lo stesso nome di INFERNO. La differenza è nel fattore tempo. Nel primo luogo vi vanno tutti i peccatori che sono morti e muoiono prima del Giudizio finale, il secondo luogo è definitivo e sarà attivo dopo la vittoria di Cristo sulla Bestia e sul Falso Profeta.

Riguardo la condizione di tutti e due i luoghi non vi è differenza: sono luoghi di tormento, di dolori, di sofferenze e di pianto.

Questa realtà ci fa comprendere un aspetto importantissimo nell'economia del Regno di Dio, cioè che la destinazione nell'aldilà si decide solo in questa terra, per cui tutte le credenze che incoraggiano le pratiche di intercessioni per i morti con i rituali annessi sono speculazioni arbitrarie e falsi insegnamenti atti a deviare le persone dal sano culto, essendo usati specialmente per incrementare l'entrata finanziaria.

Dio lascia al singolo individuo la facoltà di stabilire la propria sorte eterna, e questa sulla terra, per cui alla morte ognuno sarà portato nel luogo prestabilito: quelli a perdizione eterna nell'inferno o Ades, senza vedere Dio; quelli salvati, nel cielo alla presenza di Dio. Nel Giudizio Universale anche quelli che sono nell'inferno compariranno davanti a Dio, il quale confermerà loro l'eterna condanna.



Il luogo o condizione INFERNO racchiude diversi concetti biblici che, seppur descritti con termini diversi nelle lingue ebraica e greca, hanno in comune un predominante concetto, che è quello dell'esistenza di una realtà, dopo la cessazione dell'esistenza dell'uomo sulla terra, di condizione eterna, lontana da Dio e nella sofferenza. D'altronde, la creazione di Dio, il Suo impegno per la realizzazione della salvezza dell'umanità, con la necessità della nascita, della morte e risurrezione di Cristo, sarebbero state inopportune in una realtà dove non ci sarebbe una punizione eterna e dove alla fine tutto sarebbe tornato nel nulla assoluto o nella eterna scomparsa dell'uomo malvagio e peccatore, tutte cose, queste, che ci portano alla deviazione totale dall'insegnamento di Cristo e completamente fuori dal cristianesimo.

Anche se la dottrina dell'inferno non è la dottrina centrale del cristianesimo, possiamo tranquillamente dire che è, insieme alle altre, un insegnamento importantissimo, per cui negando la sua esistenza saremo costretti a rifiutare le altre che sono ad essa collegate. Tutte le dottrine e gli insegnamenti fondamentali di Cristo sono vitali per il credente, sono come i raggi di una ruota, per cui venendone a mancare uno, viene compromessa la funzionalità della ruota stessa.



I termini che riscontriamo nelle lingue bibliche sono:

Abyssos (greco) cioè "abisso", "inferi", in particolare "prigione dei demoni e degli angeli ribelli in punizione" dei passi di Luca 8:31 e Apocalisse 9:1; un significato simile è attribuito a "tartaros" di 2° Pietro 2:4;

Sceol (ebreo) ovvero Ades (greco), comunemente chiamato "inferno" e "soggiorno dei morti", ed è il luogo provvisorio ed intermedio di soggiorno dell'anima della persona deceduta sino alla resurrezione finale. Lì Gesù è andato a predicare il Vangelo agli spiriti dei morti (1° Pietro 3:19, 4:6), ed è pure da lì che, quando se n'è salito in alto, nel cielo, ha liberato molti che erano prigionieri, portandoli con se (Efesini 4:8). Quindi Sceol o Ades, adesso, dopo la resurrezione di Gesù, è la condizione e il luogo dove vanno le anime di coloro che saranno giudicate e condannate da Dio ed è tutt'ora un luogo in cui si soffre. (Leggi le testimonianze);

Geenna (greco) è l'inferno finale di fuoco e zolfo, o "stagno ardente di fuoco e zolfo" di Apocalisse 20:10 e 20:15. E' il termine tradotto in greco dall'Aramaico di "gehinnam", cioè valle di Hinnom, luogo a sud di Gerusalemme, dove al tempo del dominio cananeo venivano eseguiti sacrifici di bambini tramite roghi e che valeva come luogo di giudizio divino. Quando Gesù parla di questo luogo non si riferisce al luogo geografico, ma a quello che esso rappresenta, cioè il luogo della punizione.

Dunque i passi della Bibbia che ci parlano di queste realtà non ci vogliono trasmettere dei concetti puramente simbolici, come vogliono credere quelli che rifiutano il sano insegnamento di Cristo per abbracciare le tesi dell'annichilimento e del condizionalismo, ma ci descrivono, seppur aiutati da figure immaginarie, delle realtà presenti e future.

La Geenna, o lo Stagno di Fuoco e di Zolfo sono veramente dei luoghi in cui si soffre. Gli elementi del fuoco e dello zolfo possono essere immaginari, ma quello che la Parola di Dio ci vuole trasmettere sono gli effetti che questi elementi hanno sulla persona e sono effetti che causano dolore e sofferenze. Infatti, dice ancora la Gesù: "...lì sarà il pianto e lo stridor di denti".



Inoltre bisogna distinguere tra la cessazione della vita fisica e la morte eterna.

Noi uomini creati ad immagine e somiglianza di Dio siamo spirito, abbiamo un'anima ed un corpo. Come dice l'Apostolo Paolo: "...abitiamo in questa tenda (corpo)". Quando, per un qualsiasi motivo di infermità o di incidente, il nostro corpo non è più in grado di funzionare, diciamo che "si muore", alla nostra anima viene a mancare quella condizione che le permette l'esistenza sulla terra, o meglio ancora, sulla superficie della terra. Questa è la morte fisica, la cessazione della vita del corpo.

La morte eterna, invece, è la condizione di mancanza di vita divina per l'eternità. E' chiamata anche "la morte seconda" in Apocalisse 20:14 ed è raffigurata come uno stagno dove bruciano continuamente elementi infiammabili.

Così quando leggiamo nella Bibbia che l'uomo che muore viene posto nella tomba e li non si ricorderà più niente, vuol dire che il corpo, creato o trasformato da Dio dalla terra, ritorna alla terra da dove è stato tratto, ma l'anima scende nel soggiorno dei morti (Sceol-Ades-Inferno).

In ebraico il termine "tomba" è "queber", in greco "taphos" e "mnemeion". Sono tutti termini differenti da quelli sopra descritti e rappresentano e descrivono condizioni e luoghi diversi.



Anche se vogliamo partire dal presupposto che termini come: stagno ardente, fornace ardente, pena di fuoco eterno, fuoco inestinguibile, verme che non muore e tormento, trattano di una descrizione simbolica, in tutto o in parte, sono comunque riconoscibili delle realtà spaventose: lontananza da Dio, tenebre, sofferenze e tormenti.

L'indicazione perentoria di tali dolori nello Sceol o nella Geenna, non si possono paragonare a un'estinzione o annientamento dell'esistenza. Se l'uomo fosse veramente annientato all'atto della morte terrena sarebbero superflui e incomprensibili i riferimenti al "fuoco eterno" o "inestinguibile", al "verme che non muore" e alle relative sofferenze.

Da nessuna parte della Sacra Scrittura si trova una chiara prova del fatto che questo "fuoco" rappresenta un atto unico di annientamento che dà termine all'esistenza dell'individuo, mentre invece si denota la sua eterna durata.

Per descrivere la realtà della punizione, della sofferenza e della lontananza eterna da Dio, la Bibbia utilizza costantemente concetti che richiamano orrore, dolore e sofferenze. Per esempio, la Geenna non rappresenta qualcosa di irreale, temporaneo e vuoto, ne qualcosa che annienta definitivamente, ne un luogo di condizione intercorrente fra le varie reincarnazioni, ne un luogo di purificazione come il Purgatorio.



Alla fine anche "la morte" e "il soggiorno dei morti" saranno gettati nello Stagno di Fuoco (Apocalisse 20:14). Questo ci descrive: 1) il passaggio dei morti, da una condizione temporanea di sofferenze ad una condizione finale di eterna perdizione; 2) la fine della funzione dello Sceol da "anticamera dell'inferno", così, seppur ve ne fossero rimasti alcuni, anch'essi si troverebbero nella eterna e finale destinazione, dentro lo Stagno di Fuoco.

CONCLUSIONE

Accettare l'insegnamento dell'INFERNO e descriverlo, non significa gioire ed essere felici per le molte anime che vanno in quel luogo di tormento. Nella Bibbia sta scritto che Dio non si compiace nel peccatore che perisce, ma desidera che ogni persona giunga alla conoscenza della verità per poter scegliere per la sua salvezza. Purtroppo, ed a malincuore, dobbiamo costatare che, o per ignoranza, o per negligenza, o per libera scelta, molte persone vivono la propria vita vicino alla religione ma lontano da Dio. Anche noi come figli di Dio ci associamo al sentimento di Dio, e il solo scopo di questa modesta iniziativa è quello di servire come monito ed avvertimento per coloro che consapevoli o inconsapevoli sono sulla strada che li porta all'inferno. (Leggi il Piano di Dio per l'uomo).



Gesù ha detto: " ...due sono le vie: una stretta ed angustia che porta alla vita, e pochi sono quelli che la prendono; l'altra larga e spaziosa che porta alla perdizione, e molti sono quelli che vi si incamminano". (Matteo 7:13-14).

La strada che conduce all'inferno è prima di tutto una strada (trascorrere la vita) senza la Salvezza e senza Dio; è la strada del peccato e delle concupiscenze; della realizzazione dei propri desideri ad ogni costo, anche recando del male al prossimo.

Strada significa "trascorrere la vita", "seguire una tale decisione", "fare una tale scelta". E' una decisione che prendiamo noi, conseguentemente alla libertà che Dio ci ha dato. La strada della politica corrotta, della religione formale, della scienza senza Dio, delle filosofie e delle dottrine ingannatrici e dell'egoismo, è la strada che tira dritto per l'inferno.

Il rimedio per evitare ciò è cambiare strada, decidere di fare la volontà di Dio e arrendersi all'amore di Cristo, colui che può perdonare tutti i nostri peccati ed assicurarci una vita eterna vicino a Dio e fuori dall'inferno.

(Come ricevere la Salvezza).

http://www.incontraregesu.it/l'inferno%20esiste.html


E' Dio così crudele da desiderare che le anime soffrono per l'eternità nell'inferno?



Il fatto che Dio condannerà delle anime a soffrire nell'inferno è una dimostrazione della giustizia di Dio, che va di pari passo con l'amore di Dio. Giustizia ed amore sono raffigurate come le due braccia di Dio. Infatti se non ci sarà condanna non ci può essere salvezza; che bisogno ha l'uomo di salvezza se non ci sarà una condanna da cui scampare? Se non vi era bisogno della salvezza, perché allora è venuto nel mondo, sofferto e morto sulla croce il Figlio di Dio?

La resurrezione stessa di Gesù testimonia la giustizia di Dio, il quale ha costituito come giudice proprio suo Figlio. Solo lui è in grado di giudicare rettamente perché oltre ad essere Figlio di Dio è anche il Salvatore degli uomini. Dio ha gia manifestato la sua bontà ed il suo amore verso tutti gli uomini, perché ha programmato e permesso la morte del suo unico Figlio, per dare la possibilità a tutti gli uomini di ricevere la salvezza.

Venendo meno la giustizia, viene meno anche l'amore. Due attributi fondamentali della personalità di Dio: Dio è Amore; Dio è Giusto. La condanna degli empi, oltre a dimostrare la giustizia di Dio, conferma e rafforza l'amore di Dio. La Giustizia di Dio si manifesterà con la stessa intensità con cui si è manifestato l'amore che Dio ha ed ha avuto per l'uomo, che ha permesso la morte di suo Figlio. Alla fine l'amore di Dio si concretizzerà col la giusta ricompensa per coloro che lo hanno amato ed hanno posto in Lui la loro fiducia con obbedienza.



http://www.incontraregesu.it/risposte/inferno.htm

L'inferno.

La vita non finisce con la morte, perché l'uomo ha all'interno del suo corpo un'anima immortale che sopravvive alla morte fisica. Dell'esistenza di questa anima immortale ne parlò pure Gesù Cristo, il Figlio di Dio, ai suoi discepoli quando disse loro di non temere "coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima" (Matteo 10:28). Da notare che Gesù ha detto che il corpo può essere ucciso, mentre l'anima no; per cui è ovvio che essa continua a vivere dopo la morte. Ci sono due posti in cui le anime degli uomini, dopo la morte, possono andare. Uno è un posto di riposo, di refrigerio, di benedizione, etc., in cui vanno coloro che sulla terra hanno amato Dio e fatto la volontà di Dio. L'altro luogo è un posto in cui va il peccatore e colui che ha rifiutato la grazia e l'amore di Dio. Quest'ultimo è un luogo in cui si soffre ed in cui ci sarà il Diavolo coi suoi angeli. Questo luogo nella Bibbia e' chiamato in ebraico Sheol, e in greco Ades, e da alcuni è stato tradotto con "soggiorno dei morti" e da altri con "inferno" (dal latino infernus che significa: luogo che è di sotto, inferiore).

Nel passo di Luca 16:19-31 (il ricco e Lazzaro), il nostro Signore Gesù Cristo racconta una storia realmente avvenuta. Quella storia ci insegna che con la morte non finisce tutto, ma che esiste una vita ultraterrena e che l'anima del peccatore continua a vivere in un mondo invisibile a noi, dopo la sua morte. Questa è la realtà di molte persone che vivono nel peccato e lontani da Dio: vivono sulla terra, godono dei piaceri della vita e si dilettano nel fare il male, ma quando giunge la morte, la loro anima si diparte dal loro corpo e va nell'Ades dove sarà tormentata dal fuoco di quel luogo. Il racconto ci dice che quel ricco godeva splendidamente ogni giorno mentre era sulla terra; però quando è morto, e fu seppellito, si ritrovò in un luogo di tormento, appunto l'Ades. In quel luogo poteva ancora parlare, ricordare, e secondo quello che egli disse ad Abramo, avrebbe potuto essere pure rinfrescato con dell'acqua.

L'Ades, o Inferno, si trova negli antri della terra ad una grande profondità; è in questa creazione, ma vi si entra con la dimensione della realtà invisibile, chiamata anche spirituale. In rare occasioni e avvenuto che direttamente delle persone vi sono entrate con i loro corpi; un esempio è l'episodio avvenuto nel deserto, quando gli Israeliti, dall'Egitto stavano andando nella Terra Promessa (Numeri 16:33 ). E' un luogo reale dove l'anima del peccatore, dopo essere uscita dal suo corpo, va a stare in attesa del giudizio. Noi non possiamo vedere la nostra anima, ma sappiamo che essa dimora in questo nostro corpo di carne ed ossa, e come non possiamo negare l'esistenza dell'anima solamente perché la vediamo, non possiamo neanche negare l'esistenza dell'Ades che non vediamo.

Questo viene prima il Giudizio Universale, ma il luogo dove saranno gettati Satana, i suoi angeli e tutti gli uomini che saranno condannati, cioè nello Stagno di Fuoco e di Zolfo, sarà una condizione in cui le sofferenze saranno maggiori.





Allora ti trarrò giù, con quelli che scendono nella fossa, fra il popolo d'un tempo, ti farò dimorare nelle profondità della terra, nelle solitudini eterne, con quelli che scendono nella fossa... (Ezecchiele 26:20).

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ATHET PYAN SHINTAW PAUL

ATHET PYAN SHINTAW PAUL



Athet Pyan Shintaw Paul, un ex-monaco buddista del Myanmar (Burma), racconta come nel 1998 resuscitò dai morti mentre si svolgeva il suo funerale, dopo tre giorni, tornando dall'inferno, e convertitosi a Cristo cominciò subito ad avvertire tutti che se continuavano ad adorare Buddha e altri dei sarebbero finiti all'inferno, proclamando che solo Gesù è il vero Dio.


Ecco le sue parole: "Mi chiamo Athet Pyan Shintaw Paulu, sono nato nel 1958 in Bogale nel Irrawaddy Delta, Myanmar del Sud (Burma). Quando raggiunsi i 18 anni, i miei genitori Buddisti mi mandarono come novizio in un monastero. A 19 anni, diventai un monaco, entrando nel monastero di Mandalay Kyaikasan Kyaing, dove fui istruito da U Zadila Kyar Ni Kan Sayadaw, probabilmente il più famoso insegnante buddista del tempo, che è morto in un incidente stradale nel 1983. Quando entrai nel monastero mi fu dato un nome nuovo: U Nata Pannita Ashinthuriya.

Cercai di sacrificare i miei propri pensieri e desideri egoistici, persino quando le zanzare si posavano sul mio braccio, io invece di cacciarle via gli permettevo di morsicarmi. Mi ammalai molto gravemente, e i medici diagnosticarono una combinazione di Malaria e Febbre Gialla. Dopo un mese in ospedale, essi mi dissero che non potevano fare altro per me, e mi dimisero dall'ospedale in modo che potessi prepararmi a morire.



Di ritorno al monastero, io diventai sempre più debole, e alla fine persi i sensi. Scoprii, più tardi, che ero morto, il mio corpo cominciò ad imputridirsi e odorava di morte, il mio cuore aveva cessato di battere. Il mio corpo fu fatto passare attraverso i riti di purificazione del Buddismo.

Ma il mio spirito era completamente sveglio e mi trovai in una potente tempesta che faceva volare via tutto. Non un singolo albero, niente rimase in piedi. Io ero in una pianura vuota.

Dopo qualche tempo, attraversai un fiume, e vidi un terribile lago di fuoco. Ero confuso, perché il Buddismo non conosce una tale cosa. Io non sapevo che fosse l'Inferno fino a che non incontrai Yama, il Re dell'Inferno. La sua faccia era quella di un leone, i suoi piedi erano come serpenti, ed egli aveva molte corna sulla sua testa. Quando chiesi il suo nome, egli disse: "Io sono il Re dell'Inferno, il Distruttore".

Io poi vidi gli abiti color zafferano dei monaci di Myanmar nel fuoco, e guardando più da vicino io vidi la testa rasata di U Zadila Kyar Ni Kan Sayadaw. "Perché lui è nel lago di fuoco?", domandai. "Egli era un insegnante molto bravo; la sua audio cassetta: Sei un essere umano o un cane?, ha aiutato migliaia di persone a riconoscere che essi valgono più di un animale!". "Si, era un bravo insegnante", disse Yama, "Ma lui non ha creduto in Gesù Cristo. Ecco perché è all'Inferno!"



Mi fu poi mostrato un altro uomo, con dei capelli lunghi legati in un gomitolo sulla parte sinistra della sua testa. Egli indossava anche un abito, e quando domandai chi egli fosse, mi fu detto: "Gautama, che voi adorate (Buddha)". Fui sconvolto. Buddha all'Inferno, con tutta la sua etica e tutto il suo carattere morale? "Non è importante quanto egli fosse buono. Egli non ha creduto nell'Eterno Dio, e perciò è all'inferno", rispose il Re dell'Inferno. Io vidi anche Aung San, il capo rivoluzionario. "Egli è qui perché perseguitò e uccise i Cristiani, ma principalmente perché egli non ha creduto in Gesù Cristo", mi fu detto.

Un altro uomo, molto alto, indossava un'armatura e portava una spada e uno scudo. Egli aveva una ferita sulla sua fronte. Era più grosso di chiunque altro io potessi vedere, era alto circa otto piedi [1 piede = 30,48 centimetri]. Il Re dell'Inferno mi disse: "Quello è Goliath, ed è all'Inferno perché ha schernito Dio e il suo servo Davide". Io non avevo mai sentito parlare ne di Goliath e ne di Davide.



Un altro Re dell'Inferno si avvicinò a me e mi domandò: "Stai andando anche tu nel lago di fuoco?". "No", dissi, "io sono qui solo per guardare". "Hai ragione", mi disse la creatura, "tu sei venuto solo per guardare. Io non riesco a trovare il tuo nome. Tu dovrai tornare la da dove sei venuto". Sulla strada di ritorno, io vidi due vie, una larga e una stretta. La via stretta, che io seguii per circa un'ora, e mentre la percorrevo diventava di puro oro. Potevo vedere perfettamente la mia propria immagine riflessa!

Un uomo di nome Pietro mi disse: "Ora torna indietro per dire alle persone che adorano Buddha e altri dei che essi finiranno all'inferno se non cambiano. Essi devono credere in Gesù". Egli poi mi diede un nome nuovo: Athet Pyan Shintaw Paul che significa: Paolo, che ritornò in vita.



La cosa successiva che sentii fu mia madre che gridava: "Figlio mio, perché ci lasci ora?". Io compresi che giacevo in una bara. Quando mi spostai, i miei genitori gridarono: "E' vivo!", ma gli altri che erano attorno non credettero loro. Quando essi mi videro, essi furono agghiacciati dalla paura e cominciarono a gridare: "E' un fantasma!" Io notai che stavo seduto in mezzo a tre coppe ed ero impregnato di un liquido odoroso che avevano cosparso sul mio corpo mentre giacevo nella bara. Mi fu detto che stavano per cremarmi.

Quando un monaco muore, il suo nome, la sua età, e il numero degli anni del suo servizio da monaco sono incisi nella bara. Io ero gia stato iscritto come morto, ma come voi potete vedere, io sono vivo!"



Tratto da: Jesus.org

http://www.incontraregesu.it/paul.html

giovedì 23 aprile 2009

LA REINCARNAZIONE: CREDENZA E STORIA

LA REINCARNAZIONE

Credenza ,sociologia e storia

Nel XX secolo è diventato un fatto sociale e spirituale credere nella possibilità della reincarnazione come metempsicosi. In un mondo un po' disorientato e che vede sgretolarsi le sue ragioni di vita, una credenza che osa affermare con forza qualcosa di ciò che avviene dopo la morte ha la possibilità di farsi ascoltare e dì testimoniare la spiritualità di fronte a una società ritenuta troppo materialistica. La reincarnazione seduce una parte degli occidentali. Non tutti ci credono, ma molti guardano ad essa con attenzione. 1- Credere nella reincarnazione è uno dei modi di credere nella vita oltre la morte. E' una vita ultraterrena che in qualche modo ritorna ad occupare un posto nella vita presente.[SCARIA THURUTHIYIL, Induismo e reincarnazione, in «Religioni e Sette nel mondo», anno 4, n. 1, BOLOGNA, 1997, p. 25. ]
2-Credere nella reincarnazione è credere in una anima immortale comunque concepita.
3- Credere nella reincarnazione dell'anima è credere che le esistenze individuali umane sono in qualche modo legate fra loro.C'è una specie di discendenza che non è della carne e sangue ma dello spirito.La propria esistenza è legata ad una esistenza precedente del sè e si ha la possibilità di migliorare la propria esistenza presente se si pesca nelle proprie esistenze passate.
4- Credere nella reincarnazione significa credere nella possibilità di migliorare spiritualmente la propria anima attraverso le incarnazioni successive.Tutte queste credenze permettono di :
1- Sentirsi immortali
2- Sentirsi non destinati all'oblìo
3- Sentirsi legati per sempre alle cose terrene
4- Sentirsi collocati in una prospettiva di recupero della esistenza attuale in esistenze future forse migliori
5- Sentirsi parte di una catena di esistenze, meno soli.
6- Sentirsi meglio integrati nel tempo.
7- Sentirsi dentro una dottrina piu' logica e percio' più sicura di quella della resurrezione ad esempio.Si spiega così il senso di un cattivo destino come l'eredità di una vita precedente; l'inaccettabilità di un Inferno eterno,il male inspiegabile,etc. La credenza nella reincarnazione ha indubbiamente una funzione tranquillizzante e consolatoria sulla psiche umana, ma soprattutto muove nell'essere una speranza di ordine spirituale.

INDIZI ?
1-La sensazione del già visto o già vissuto,
2-Il possesso di un sapere misterioso di origine ignota
3-e infine la scoperta dì un passato che non sembra appartenere alla vita attuale e che quindi sembra risalire a una o a più vite precedenti.

La sensazione del già visto o del già vissuto
Alcune persone, in certi momenti della loro esistenza, hanno l'impressione di aver già avuto l'esperienza di cìò che sta loro succedendo. La documentazione su osservazioni di questo genere è vasta. E. Bertholet ne rìporta una lista molto lunga. Per esempio, un insegnante degli ìnizi del secolo acquistò presso un venditore di libri usati « un vecchio libro di poesie scrìtto da un autore a lui assolutamente sconosciuto;vedendolo,provò una strana impressione e si sentì irresistibilmente attratto da quell'opera, l'aprì e fin dalle prime parole colse una viva emozione... Quale non fu lo stupore del professore, quando si rese conto che quei versi non gli erano assolutamente estranei e che, una volta cominciata una poesia, non aveva più bisogno di continuare la lettura, perché Poteva recitarla a memoria»,.
Naturalmente, si può discutere sull'obiettività di tale testimonianza. Accettiamola per principio. Il problema consiste allora nel sapere come interpretare questo e altri fatti simili. E' evidente che viene in mente l'ipotesi di una vìta precedente: è un'interpretazione che spiega ciò che viene constatato, soprattutto se fa già parte delle credenze che sì hanno. Ma sono possibili altre interpretazioni e crediamo giusto riferirle. L'insegnante in questione poteva essere influenzato da una reminiscenza inconscia. Oppure da una trasmissione di pensiero di cui non era consapevole. Altra ipotesi: poteva avere un «dono» particolare di comunicazione con il defunto autore delle poesie che egli stava scoprendo.Si ritrova presso tribù africane in etnologia, la credenza nella possibilità dei defunti di influenzare, possedere, vitalizzare, i viventi. Si dirà che tali interpretazioni sono poco verosimili. Ma cosa è verosimile in questo campo e cosa non lo è? Non possiamo stabilirlo a priori.Se si utilizza l'idea preconcetta di reincarnazione per spiegare fenomeni apparentemente inspiegabili siamo nell'ambito della autosuggestione.
Lo scienziato americano lan Stevenson ha studiato abbastanza obiettivamente duemila casi di «memoria remota». Ne ha salvati una ventina che, secondo lui, possono tutt'al più «suggerire» come possibile spiegazione l'esistenza di vite anteriori . D'altra parte la sensazione dei «già visto» o del «già sentito» viene riconosciuta come un sintomo psichiatrico connesso abitualmente con turbe della memoria. Non pretendiamo che la patologia «spieghi» automaticamente simili esperienze. Vogliamo solo notare che turbe psichiche possono essere all'origine dell'impressione che alcuni soggetti hanno di fronte a un evento che a loro sembra ripetersi.
La credenza della reincarnazione puo' nascere anche da una concezione ciclica del cosmo o della storia.Essendo l'uomo parte di questo cosmo logicamente si tenderebbe a fargli seguire tempi ciclici.In quest'ottica la reincarnazione appare come qualcosa di ben integrato nelle leggi generali del cosmo.

LA STORIA

Nell'antica Grecia Omero non conosce la trasmigrazione delle anime.
Si ritrova a partire dal IV secolo nell 'Orfismo e nei Pitagorici.
Si teorizza su basi scientifiche che la credenza sia giunta in Grecia ed in Egitto dall'India.
Naturalmente integrandosi con le due culture.

La rinascita ( vedi : induismo e buddhismo in questo sito )
Nelle religioni orientali come l' induismo e il buddhismo si parla di rinascita per descrivere la visione mistica di qualcosa ( contenitore karmico) che passa da una esitenza individuale ( vegetale, animale, umana, extraterrestre, etc) ad altre esistenze successive e di reincarnazione per indicare la nuova nascita di un una Coscienza che ha già raggiunto il Paradiso (o il Nirvana).
La dottrina della rinascita, conosciuta anche con altri termini come reincarnazione, trasmigrazione delle anime, metempsicosi (o, più accuratamente, metensomatosi, "passaggio da un corpo a un altro"), palingenesi (dal greco, letteralmente, "cominciare di nuovo"), riguarda la rinascita del Sé , o individualità cosciente , psiche, mente personale, in una serie di incorporazioni fisiche e preternaturali, che sono normalmente umane o animali ma in alcuni casi sono divine, angeliche, demoniache, vegetative, o astrologiche».
I Veda , i più antichi testi sacri dell' Induismo non contengono una chiara dottrina sulla rinascita. Assomigliano molto alla Iliade ed Odissea di Omero. Dottrine sulla rinascita compaiono nell Upanishad (testi di commento dei Veda che risalgono presumibilmente al l'VII-VII sec a. C.). Alcuni storici Indù sostengono che tale credenza sia stata importata da popoli estranei all'India, appartenenti a culture precedenti a quelle Indouropee. Quali? L'Ipotesi è molto fragile. Di fatto le uniche culture oggi che custodiscono rivelazioni che fanno riferimento alla reincarnazione sono quelle legate all'induismo e al buddhismo, seppure con differenze a volte incolmabili. Perché, nella Grecia antica, la reincarnazione che non fa parte delle conoscenze omeriche appare in seguito, nell'orfismo di Pítagora, in Platone e in Plotino e, nella cultura romana, in Virgilio, ìn Orazio e in Ovidio?.
Qui non possiamo addentrarci in ricerche storiche molto complesse. Ma alcune linee di interpretazione si impongono chiaramente:

a) Una cultura accoglie la reincarnazione, se per caso non l'aveva presa in considerazione fin dall'inizio, quando, al suo interno, l'individuo emerge dalla comunità come una realtà personale, dotata di libertà, di responsabilità e quindi di un valore unico. Questo significa l'orfismo della Grecia antica e questo esprimono le Upanishad e la BliagavadGita in India. Il problema da risolvere concretamente è quello della salvezza: come mantenere le norme della città o della tradizione salvaguardando la possibilità di realizzare la propria vocazione personale? Come assumere il passato e ciò che esso ha di colpevole o dì non compiuto senza essere schiacciati dal peso dei rimorsi e del male? Come essere spirituali nell'opacità del corpo? Possìamo dire che nella Bibbia una domanda del genere è affrontata da Ezechiele, durante l'esilio; in lui, tuttavia, la risposta non parla di reincarnazione, ma di un nuovo dono di Dio, di un cuore nuovo e dì uno spirito nuovo che vengono da Dio stesso. Perché questa risposta e non la risposta della reincarnazione? Per il momento mettiamo da parte il problema, per riparlarne quando affronteremo il caso particolare della Bibbia.

b) Una cultura accoglie la reincarnazione quando sente il bisogno di un « supplemento d'anima », di un rinnovamento spirituale e religioso, poiché le forme religiose e spirituali ereditate appaiono formali o troppo convenzionali. Questo sìgnificano l'orfismo e il neoplatonismo in Grecia, e la stessa cosa è avvenuta, in India, nelle Upanishad, con la loro insistenza sulla devozione (bhakti). Possiamo pensare che una situazione del genere sia ancora significativa per alcuni europei « post cristiani », che cercano una nuova spiritualità in grado di ravvivare in loro una tradizione cristiana assopita o ormai troppo standardizzata.

c) Una cultura accoglie la reincarnazione quando viene a contatto con un'altra cultura portatrice di tale credenza. Questo suppone che la cultura «reincarnazionista» sia, se non, dominante, almeno ritenuta forte e vitale, e quindi seducente. Sembra che la reincarnazione sia entrata nella Grecia antica proveniente dall'India. Nell'India stessa, le Upanishad e la Bhagavad Gita possono (forse) aver accolto il tema della reincarnazione rifacendosi a tradizioni antiche, anteriori , di tipo dravidico. Nell'Europa contemporanea, il fascino dell'Asia ha certamente il suo peso nell'importanza che alcuni attribuiscono alla credenza in questione. Naturalmente in questi processi di acculturazione non esiste un modello unico. Possiamo solo ritenere che una cultura sia tanto più permeabile a un messaggio proveniente dall'estero, se già al suo interno mette in discussione il passato e assiste a quell'emergere dell'individuo dì cui abbiamo parlato.

d) Una cultura accoglie la reincarnazione quando in essa si sviluppa il sapere e si accresce la conoscenza di tipo positivo o scientifico. là forse il caso di Pitagora nella Grecia antica: originario del Medio Oriente, questo filosofo matematìco venne a conoscenza della reincarnazione tramite il suo ambiente d'origine. Nello stesso tempo riscontrò in questo tema una certa convergenza con dati astronomici e forse astrologici. Per alcuni europei di oggi la situazione è analoga. Sono desiderosi di spiegare fenomeni strani da essi ritenuti certi, i quali sembrano portare verso la reincarnazione. Nello stesso tempo, scorgono una convergenza tra questa credenza e una concezione evoluzionista o anche panteista (= il divino sparso ovunque nel cosmo) del mondo. e) Una cultura o una religione che accoglie la reincarnazione integra quindi questa credenza per motivi che potremmo dire « progressisti » e in questo senso la nuova credenza non significa un regresso a un eventuale arcaismo ma piuttosto un passo avanti nella comprensione dell'esistenza umana.Ma ecco l'equivoco: è possibile che l'assunzione della reincarnazione da parte di una tradizione spirituale o religiosa sia il sintomo positivo di un desiderio di progresso, ma questo non significa che la credenza sia necessariamente fondata. Questa, d'altronde, è l'ambiguità di qualsiasi progressismo.

(Gruppo di ricerca Pascal Thomas in Reincarnazione, si o no? -Paoline )

La reincarnazione è una credenza antica dell' Europa.
Oggi, molti ritengono comunemente che la reincarnazione sia una « credenza asiatica ». E questo è uno dei motivi del suo « successo ». Piace perché non è «conosciuta» quanto la credenza cristiana nella risurrezione.E' ritenuta meno abusata, più nuova, dotata del fascino misterioso dell'esotico. A volte suscita anche reazioni di rifiuto che sanno di razzismo.In realtà, siamo di fronte a un altro malinteso. La reincarnazione è, da lungo tempo, una credenza europea. Ritorniamo anzitutto alla Gallia, al tempo della conquista romana, cioè verso la metà del I secolo avanti Cristo. La cultura e la religione dei Galli, e più in generale quella dei Celti, pur essendo orali e trascurando lo scritto, dimostrano chiaramente tutta la loro forza. L'accento è posto sulla vita e sui ritmi della natura (alberi, vischio, sorgenti). I giovani sono educati al valore e al coraggio di fronte al rischio della morte. Nello stesso tempo, viene loro inculcato il rispetto della parola data e la sacralità del giuramento. La sera, durante le veglie, i narratori raccontano misteriose epopee di eroi che vanno in cerca di un inaccessibile e strano tesoro. Vien dato grande rilievo alla reincarnazione? Non lo sappiamo con certezza. Sicuramente la morte non è vista come la fine di tutto. Ma la speculazione su ciò che può accadere dopo la morte è probabilmente un compito che non coinvolge tutti.

Possiamo perlomeno sostenere, ìn base ad alcune affermazioni esterne, che è presente anche la dottrina della reincarnazione.
A pensarci bene, è logico che sia così. Tale dottrina, infatti, è congeniale con i ritmi cosmici (la vita dopo la morte), con la lunga durata dei giuramenti e dei racconti meravigliosi e anche con la quotidiana presenza del pericolo durante l'iniziazione deì giovani.
Passiamo ora nella vallata del Rodano e nella regione lionese del I secolo dopo Cristo. La Gallia è parzialmente evangelizzata, soprattutto in questa contrada che da Marsiglia ha accolto cristiani provenienti dal Medio Oriente. Lo stesso vescovo di Lione è un
« immigrato » originario di Smirne (odierna Turchia), di nome Ireneo. Il vescovo è in contrasto con alcuni predicatori e teologi che la gente a volte ritiene cristiani ma che, secondo lui, sono del tutto estranei al cristianesimo. Si tratta degli gnostici. La loro corrente spirìtuale è detta gnosi (= sapere, conoscenza). Secondo loro, infatti, la salvezza consiste nello sfuggire alla materia, al corpo, grazie a una rivelazione che fa conoscere l'origine del mondo e ne manifesta l'essenza cattíva.
Secondo Ireneo, questo atteggiamento non è compatibile con il significato cristiano dell'incarnazione. Come si può essere gnosticì e credere che Dio ha preso un corpo di uomo, dal momento che per la gnosi il corpo è portatore di male e la salvezza consiste proprio nell'esistere uscendo da tutto ciò che è carnale e materiale oppure nel rotolarvisi per scherno?

Si riscontra, anche, che alcuni gnostici credono nella reincarnazione.
Non tuttì, è vero, ma in particolare un certo Carpocrate e il suo gruppo. Questi gnosticì pensano che l'anima debba sperimentare tutte le possibili forme di vita, comprese quelle peggiori, in modo da non aspettarsi più niente dall'esistenza carnale. Ireneo esprime questa concezione paradossale della reincarnazione così: « Tutti passano incessantemente da un corpo in un altro, fino a che non hanno fatto tutte le azioni che si possono fare in questo mondo». E' certamente un paradosso: per sfuggire alla materia, bisogna esaurirne tutte le possibilità!
Ireneo contesta questa concezione per due motivi, uno antropologico e l'altro teologico. Da un punto di vista antropologico, non si capisce, dice lui, come uno potrebbe aver avuto una o più vite anteriori dal momento che non si ricorda di niente. Ma soprattutto, dal punto di vista teologico, il Dio del Vangelo « non è così povero o privo di risorse da non poter dare a ogni corpo una sua anima personale e la sua irripetibile personalità». Per cui «le anime restano tali senza passare in altri corpi e conservano tutte le caratteristiche del corpo al quale sono state unite ».
Le riflessioni di Ireneo non facevano altro che riaffermare cio' che si era rivelato in Gesù! Certamente nell'antichità temi gnostici analoghi a questì a favore della reincarnazione circolavano largamente, dal momento che riscontrìamo regolarmente cristiani che vi si oppongono: Tertulliano (nell'Affica del Nord), Clemente di Alessandria, Gregorio di Nazianzo, Giovanni Crisostomo (in Egitto e nell'odierna Turchia), Ambrogio (in Italia), Agostino (nell'Africa del Nord). La corrente gnostìca ha certamente contribuito alla diffusione della credenza nella reincarnazione. In Europa era una corrente proveniente da fuori, senz'altro dal Medio Oriente e dall'Asia occidentale, come la forma più spinta da essa assunta nel III sec. e che va sotto il nome di manicheismo. Mise poi radici in Europa e si fuse con alcune tradizioni celtiche. Quindi, già nel II-IV sec., l'Europa venne a contatto con l'Asia sui temi della reincarnazione: l'incontro dei nostri giorni non è quindi nuovo. Inoltre, si tratta di un'« importazione » che si combina con quel patrimonio autoctono, che possiamo inquadrare nella cultura e nella religione celtica.

Saltiamo alcuni secoli e arriviamo ai secc. XI-XII nel Sud della Francia. Si formano gruppi di devoti detti « Catari» (= i puri) o anche Albigesi. Sono eredi della gnosi e del manicheismo. E anchessi parlano di reincarnazione. Fino a che uno non ha ricevuto il sacramento che consente di sfuggire al mondo della materia (sacramento detto consolamentum), è condannato a reincarnarsi continuamente.
I catari suscitarono grande interesse in alcuni ambienti esoterici o occultisti. C'era certamente dell'esagerazione in questo loro fascino. Ma recenti studi invitano a iscrivere la credenza nella reincarnazione professata dagli Albigesi in un contesto culturale assai illuminante. Possiamo dire che questo movimento spirituale, coscientemente al margine del cristianesimo ufficiale, esprime la coscienza di categorie sociali deluse o emarginate. Sembra che il cataro sia una persona che si ritiene emarginata e, per reazione, contesta l'ordinamento politico ed ecclesiale. In quest'ottica la reincarnazione acquista un nuovo significato. Mette in discussione la gerarchia sociale (uno si può reincarnare nobile o contadino) e i condizionamenti del tempo .C'avvenire è aperto verso altre vite che potranno compensare le presenti difficoltà). Possiamo notare che nella stessa epoca, in alcuni ambienti ebraici d'Europa, circolavano teorie analoghe, anche se con indirizzo più specificamente mistico. Il libro dello Zohar (XIII sec.) e la corrente della Kabala, sotto l'influsso della gnosi e del manicheismo, parlano della reincarnazione e la considerano un mezzo per ritrovare l'unità del mondo nonostante le colpe umane e i drammi della persecuzione subita dal popolo ebreo; al culmine della prova c'è sempre la possibilità di un'altra vita, in questo stesso mondo nel quale opera il male. Infine, sempre nella storia d'Europa, possiamo constatare che nel periodo del Rinascimento la reincarnazione interessò alcuni intellettuali, quali l'italiano G. Bruno (1548-1600), lo svizzero Paracelso (1493-1541) e il tedesco J. Boehme (1575-1624). La riscoperta dell'antichità, di Platone e di Pitagora ebbe il suo peso, abbinata alla delusione nei confronti della Chiesa dell'epoca . Ma questi ricuperi dotti della credenza nella reincarnazione ebbero un'influenza molto limitata. In fondo, in Europa, accadde come se, dall'era dei Catari, la reincarnazione fosse un tema esoterico, sviluppato in circoli ristretti e al margine del cristianesimo. Ma la storia che abbiamo delineato non autorizza a fare della reincarnazione una credenza introdotta nel pensiero europeo in tempi recenti. Ha una nozione più antica di quanto oggi comunemente si creda. Fonti storiche della dottrina della rinascita Tra gli autori occidentali più antichi che trattano di questa dottrina vi è Erodoto (484-425 a.C.) che ne parla nel secondo Libro delle Storie, con queste parole: "... gli Egiziani sono stati i primi ad affermare che l'anima dell'uomo è immortale; che alla morte del corpo essa entra tosto in un altro animale, allora nascente. Che che dopo essere passata successivamente per tutte le specie di animali della terra, dell'aria e dell'acqua, penetra nuovamente nel corpo di un uomo, nel momento in cui esso nasce: e compie questo suo ciclo nello spazio di tremila anni. Di questa dottrina, come fosse propria, si sono valsi anche alcuni autori greci..." .

Appare perciò evidente gli Egiziani credevano nella rinascita e nella metempsicosi. Di questa dottrina, comunque, se ne sono appropriati alcuni autori greci, tra cui Platone ed Empedocle, che, a loro volta, la diffusero nel mondo greco-romano. Tertulliano, dal canto suo, ne parla dicendo: "Quale valore ha oggi l'antica dottrina menzionata da Platone (cfr. Fedone) sulla migrazione delle anime; come esse si dipartono da qui e vanno ivi e poi ritornano passando per la vita e poi si dipartono nuovamente da questa vita e ritornano presto alla morte? Alcuni sostengono che quest'è una dottrina di Pitagora, mentre Albino (contemporaneo di Galeno 130-200 d.C.) sostiene che quest'è un insegnamento divino dovuto forse a Ermete Trismegisto..." . Pertanto possiamo affermare con certezza che gli antichi Egizi conoscevano e insegnavano la dottrina della rinascita, certamente in modi diversi al popolo ed agli Iniziati. Per trovare delle fonti ancor più remote dobbiamo recarci in India, dove ne troviamo ampi cenni nei Veda,uno dei testi religiosi che risale a circa 2000 anni a.C. Va però considerato che questi insegnamenti furono tramandati a voce per moltissimo tempo, la stesura dei Veda, pur essendo abbastanza recente, non deve perciò far supporre che tale insegnamento risalisse soltanto a quella data.

Il testo dei Veda che maggiormente sviluppa la dottrina della rinascita è il Codice del Manù Manavadharmashastra, specialmente nel Libro XII dove troviamo ben 126 paragrafi in cui vengono descritti premi e castighi relativi ad una vita in relazione alle altre vissute in precedenza. Questo trattato, ancor oggi, rappresenta, per gli Indù un testo fondamentale di regole civili e religiose. Studiandone il contenuto appare chiaro come sia servito di ispirazione anche per creare la legislazione greca, quella persiana ed anche la romana.
Il paragrafo 40 dice: «le anime dotate di bontà conseguono la natura divina; quelle dominate dalle passioni, ottengono la condizione umana; le anime precipitate nell'oscurità, sono avvilite allo stato di animali... Circondate dall'oscurità, manifestantesi sotto un'infinità di forme, a causa delle loro precedenti azioni, tutti questi esseri sono dotati di una coscienza interiore: sentono il piacere e il dolore. Sono così stabilite da Brahma, fino ai vegetali, le trasmigrazioni, che hanno luogo in questo mondo orribile, che si auto distrugge senza tregua...» .

Coloro che non vogliono più rinascere dovrebbero studiare attentamente i passi seguenti:
"Considera attentamente le trasmigrazioni degli uomini, cagionate dalle loro azioni colpevoli; la loro caduta nell'inferno ed i tormenti che sopportano nella dimora di "Yama": la separazione di quelli che si amano e la unione con quelli che si odiano; la vecchiaia che fa sentire i malanni, le malattie che li affliggono; lo spirito vitale che esce dal corpo per rinascere nel grembo di una creatura umana e le trasmigrazioni di quest'anima in diecimila milioni di matrici. Le sciagure che soffrono gli esseri animati a cagione delle loro iniquità e la felicità inalterabile che essi invece provano nella contemplazione dell'essere divino che conferisce ogni virtù..."

"Dandosi alla meditazione più profonda, l'asceta osservi il cammino dell'anima attraverso diversi corpi, dal grado più alto fino al più basso, cammino che stentano a intravvedere coloro il cui spirito non è stato perfezionato dai Veda..." . Altri notevoli passi del Codice di Manù alludono non solo chiaramente alla dottrina della rinascita, ma indicano la ragione delle vicende del destino umano e il modo come l'uomo può emanciparsi dalla sua condizione mortale: "Ogni atto del pensiero, della parola, del corpo, porta un buon o cattivo frutto: dalle azioni degli uomini risultano le loro differenti condizioni..." (10).

"L'essere dotato di ragione consegue una ricompensa od una punizione per gli atti dello spirito, nello spirito; per quelli della parola, negli organi della parola; per gli atti corporei nel suo corpo..." .
"Colui che è dotato di questa vista sublime, non è più incatenato dalle sue opere, ma colui che è privo di questa vista perfetta, è destinato a rinascere in questo mondo"

"Quando gli uomini delle quattro classi, senza una necessità urgente, deviano dai loro particolari doveri, passano nei corpi più vili e sono ridotti in schiavitù sotto i loro nemici.."
"L'uomo considerando con il suo spirito che queste trasmigrazioni dell'anima dipendono dalle virtù o dai vizi, diriga sempre il suo spirito verso la virtù..." .

Qualcosa ancor meglio definito lo possiamo trovare nello Samannapalasutta, dove sta scritto:
"Il monaco purificato con mente chiara dirige la sua mente verso il ricordo ed il riconoscimento dei suoi precedenti modi di esistenza e richiama alla sua mente i suoi vari destini delle vite precedenti: prima una vita, poi due vite ... fino a cinquanta vite, poi a mille vite e a centomila vite. Poi richiama alla sua mente le epoche di molte creazioni del mondo, poi le epoche di molte distruzioni del mondo... La ero io, quello era il mio nome, a quella famiglia ho appartenuto, questo era il mio rango, questa era la mia occupazione, tali erano le gioie e le sofferenze che ho avuto, così fu la mia esistenza, morendo ancora una volta venni in esistenza nuovamente altrove. In questo modo il monaco ricorda le caratteristiche ed i particolari dei suoi vari destini dei tempi passati...".


Troviamo anche questo brano interessante anche nel Mundakaupanishad:
"Chi si crea dei desideri con la sua mente, nasce di nuovo a cagione dei suoi stessi desideri" . Anche nella Bhagavad Gita, che possiamo considerare come il Vangelo degli Induisti (circa V secolo a.C.) si trovano dei riferimenti molto chiari: "Come per il corpo dell'anima incarnata vi è il sopraggiungere dell'infanzia, della gioventù e della vecchiaia, così vi è per l'anima di prendere un altro corpo, su questo punto il saggio non è perplesso". ."Al termine di molte vite, l'uomo saggio viene a Me dicendo 'Vasudeva è tutto', ma tale Mahatma è difficilissimo a trovare" . "Come l'uomo deponendo i vecchi abiti ne prende altri nuovi, così lo spirito spogliando i vecchi corpi, entra in altri nuovi..." .

Tertulliano (160-240 d.C.), uno dei più antichi Padri della Chiesa, combatteva la dottrina della metempsicosi intesa come possibilità che l'anima umana potesse trasmigrare negli animali e, nel suo Apologetico, tratta l'argomento della resurrezione in modo molto esteso, leggiamo le sue parole: "Se un filosofo afferma, come Laberio, seguendo l'opinione di Platone, che un uomo deriva da un mulo, da una serpe o da una donna e se con abilità dialettica adduce tutti gli argomenti per la comprova di una simile tesi, non otterrà forse consenso e susciterà fede in altri? ... se invece il cristiano assicura che un uomo morto, ritornerà uomo e che Caio diventerà Caio, sarà subito cacciato dal popolo ... se vi è qualche Mente che presiede al ritorno delle anime in altri corpi, perché non si dovrà credere che essa trasmigra nella sua stessa sostanza, consistendo nel ripristinare in essere ciò che uno era? Obietterete: le anime dopo aver mutato corpo, non sono più quelle di prima... Ma posso addurre un argomento più solido a nostra difesa sostenendo che è molto più degno di fede che da un uomo debba ritornare un uomo, un Tizio da un Tizio, purché rimanga uomo e che la stessa qualità di un'anima sia restituita nella sua stessa natura, benché sotto altre apparenze ... la luce ogni giorno si accende e si spegne, le tenebre si diradano e poi ritornano, le stelle scompaiono e ricompaiono, le stagioni ove finiscono, ricominciano, i frutti si consumano e ritornano, i semi non risorgono più fecondi se non si corrompono e disfanno: tutte le cose col perire si conservano, tutte le cose con la morte risorgono..." .

Origene (186-253 d.C.), considerato come uno studioso assai serio, credeva nella rinascita e venne scomunicato proprio per questo motivo. In numerosi suoi scritti troviamo esposto il suo punto di vista su questa dottrina, nella sua nota opera Contra Celsum afferma al riguardo: "Non è forse più conforme alla ragione credere che ogni anima per certe misteriose ragioni (parlo secondo l'opinione di Pitagora, Platone ed Empedocle) sia introdotta in un corpo, secondo i suoi meriti e le sue azioni passate?..." .

Anche S. Girolamo, in una lettera che scrisse ad Arito, parla della rinascita dicendo: "Se esaminiamo il caso di Esaù, potremo trovare che egli fu condannato a causa dei suoi antichi peccati in un peggior corso di vita..." Ed in un'altra occasione, scrivendo a Demetriade dice: "... la dottrina della trasmigrazione era insegnata segretamente ai pochi fino dai tempi antichi, come una verità tradizionale, che non si doveva divulgare..." .

S. Agostino dimostra di essere al corrente di questa dottrina quando nel Civitate Dei egli dice: "Certi gentili asserivano che nella rinascita degli uomini avviene quello che i Greci chiamano palingenesi... essi insegnano che avviene l'unione della stessa anima e corpo ogni 440 anni..." .
Nelle Confessioni, invece, lo ritroviamo mentre esclama: "Quando, Oh, Signore, ho io peccato? Quando ero nell'utero di mia madre o prima che io fossi? La mia infanzia seguirà ad altra età già morta? o prima ancora? E dove e chi io fui? Ho io peccato o i miei genitori?..." .

Ruffino stesso, in una lettera diretta a S. Anastasio, afferma: " ... che questa credenza era comune tra i primi Padri della Chiesa ... " .
Un'altra conferma di quanto tale dottrina fosse diffusa la ritroviamo anche nelle parole del vescovo Nemesio quando, nella sua preziosa opera De Natura Hominum, afferma: "Tutti i Greci credono che l'anima sia immortale e ritengono che questa passi da un corpo all'altro ... " .
Nella Pistis Sophia, che rappresenta l'unico Vangelo gnostico tuttora esistente, attribuisce al Salvatore le seguenti parole: "... ma colui che ha peccato una, due o tre volte, la sua anima sarà rigettata e rinviata nel mondo, secondo la forma dei peccati che ha commesso...". Questo testo viene citato da Epifanio (320-402) e da altri Padri della Chiesa.

Anche nella Cabala ebraica, conosciuta per la saggezza del suo contenuto, troviamo degli accenni alla rinascita, nello Zohar, per esempio, sta scritto: " ... tutte le anime sono soggette alle prove della trasmigrazione ... esse devono sviluppare tutte le perfezioni... e se non hanno adempiuto a questa condizione durante una vita, devono incominciare una seconda, una terza, fino a quando ... sono atte alla unione con Dio ... " .

H.Ch. Puech, un noto studioso francese, studiò a lungo la dottrina dei manichei e ne riassunse il loro punto di vista sulla rinascita con queste parole: "Se l'uomo riesce a conservare il perfetto distacco dopo la morte, la sua anima raggiungerà definitivamente ... la sua patria luminosa, il regno del Padre... nel caso contrario, a meno che non avesse commesso peccati gravi che lo portano alla dannazione immediata, sarà condannato, come nella concezione indiana, a rinascere o ad essere travasato nei corpi successivi, allo scopo di percorrere altri cicli dolorosi del samsara " .

(cf: Enciclopedia delle Religioni in Italia- LDC)

La concezion filosofica occidentale

Concezione spiritualista o filosofica della reincarnazìone.
Questa concezione nei secoli XVIII e XIX, in Germania, è stata un elemento preso spesso in considerazione, anche se in maniera secondaria, da pensatori attenti alle tradizioni dell'Asia. Gli studi sulla reincarnazione parlano regolarmente di Lessing (1729-1781), il quale nelle ultime pagine della sua Educazione del genere umano vede la reincarnazione come una normale possibilità per andare verso un divenire umano che supera i limiti individuali e che totalizza le sue successive realizzazioni. «Ogni persona, afferma, deve seguire prima o poi il sentiero che porta alla perfezione. Questo può realizzarsi nel corso di un'unica esistenza?... Certamente no - Perché dunque ogni individuo non potrebbe apparire più d'una volta in questo mondo? ». Negli stessi anni, sempre in Germania, Kant (1724-1804) si interessò marginalmente alla reincarnazione in un testo del 1755. Ma nelle sue opere maggiori, Le Critiche, non ne parla. E si deduce sia dalla Critica della ragion pura sia dalla Critica della ragion pratica che Kant considera la stessa anima come una rappresentazione non fondata su una base speculativa. Nel secolo seguente, gli studi sulla reincarnazione accennano ancora a Schopenhauer (1788-1860), il quale ritiene il tema della reincarnazìone come espressivo di una concezione dell'esistenza che cerca di evitare le illusioni su ciò che riguarda Dio, l'aldilà e anche i singoli individui . Nel suo pensiero non c'è traccia di evoluzionismo, a differenza, per esempio, di Lessing. La reincarnazione, di cui Schopenhauer contesta le « assurdità » che spesso l'accompagnano, non è una consolazione per individui angosciati dalla morte, ma piuttosto l'affermazìone simbolica di un'esistenza che ha senso solo sul piano dell'umanità.

Questo spiritualismo filosofico della Germania moderna, ridotto in realtà a pochi dati episodici, non ha quasi riscontro in Francia. Voltaire (1694-1778), nel suo Dictionnaire philosophique, parla della reincarnazione, ma solo a titolo di informazione che relativizza il dogma cristiano e senza reale importanza: « Non è dei tutto naturale che le tantissime metamorfosi di cui la terra è piena abbiano fatto immaginare in Oriente, dove tutto è stato immaginato, che le nostre anime passino da un corpo a un altro? » Per altro verso, in Francia, soprattutto nel XIX secolo, la reincarnazione è stata un tema letterario: Lamartine e Victor Hugo e poi romanzieri come Balzac e Flaubert ne parlano. Ma si tratta di un modo di dire, per quanto suggestivo, e non di una convinzione propriamente detta. Si gioca con la credenza, senza aderire veramente al suo messaggio. Solo Saint-Simon (1760-1825) e i suoi discepoli, in cerca di un nuovo cristianesimo, hanno accordato un qualche valore di riflessione alla reincarnazione, ma in una prospettiva utopica che privilegia l'immaginazione e non la giustificazione'.
Oggigiorno la concezione spiritualista della reincarnazione è essenzialmente legata a sei correnti che potremmo definire esoteriche perché vogliono trasmettere per via di iniziazione conoscenze « segrete » che illuminano il senso della vita e ne orientano la pratica. Per un verso, tali correnti possono anche essere qualificate come occultismo: mentre l'esoterìsmo si attiene a un sapere iniziatico, l'occultismo sottolinea eventuali poteri (chiaroveggenza, influsso a distanza, capacità medianiche) ritenuti anch'essi come riservati agli iniziati.

1- La reincarnazione fa anzitutto parte dell'insieme delle credenze di molti frammassoni, sulla scia del cavaliere di Ranisay (1686-1743), uno scozzese conquistato al cattolicesimo da Fénelon, legato al circolo mistico di Madame Guyon, che cercava di integrare la credenza nella reincarnazione con i dogmi cristiani. In una prospettiva analoga possiamo ricordare l'ordine martinista, istituito nel 1887 da G. Encausse.
2- La reincarnazione è anche una delle credenze del movimento dei Rosacroce (AMORC e Associazione rosacrociana) e di una serie di gruppi esoterici che si rifanno ad esso (per esempio, Nuova Acropoli, Fraternìtà bianca universale)". L'ordine Rosacroce, nato in Germania nel XVIII secolo, non vuole essere una religione. Intende comunicare ai suoi membri un insieme di verità e di poteri che permettono di «rigenerare l'esistenza».
3- La reincarnazione è anche una credenza presente nella cosiddetta teosofia. Si tratta di un esoterismo fondato in Inghilterra alla fine del XIX secolo e che ha due caratteristiche: da una parte lo sforzo di integrare e formulare in forma occidentale le tradizioni spirituali asiatiche, dall'altra un'analisi dei diversi costitutivi dell'essere umano (corpo fisico, corpo astrale, corpo etereo o sottile), nella convinzione che tale analisi possa spiegare i processi della reincarnazione.
4- La reincarnazione è anche una credenza presente nello spiritismo.Tale concezione unisce l'esoterismo (conoscenze misteriose), l'occultismo (ricorso a poteri straordinari, in particolare a quelli dei medium) e infine un gusto molto occidentale di vedere o di verificare « nei fatti » le credenze che si ipotizzano o si adottano.Legata soprattutto ad Allan Kardec, un francese del XIX
secolo (1804-1869), tale dottrina della reincarnazione tiene conto, come la teosofia e l'antroposofia, dei diversi aspetti dell'essere umano. Insiste in particolare sul corpo etereo o sottile che collega il corpo fisico al corpo astrale, lo avvolge al momento della morte e si manifesta di nuovo al momento della reincarnazione .Inoltre, mobilita a favore della reincarnazione alcuni fenomeni di comunicazione con i defunti e alcuni processi di comunicazione tramite medium, che tuttavia non implicano, in quanto tali, questa interpretazione. Da ciò deriva l'ambiguità dello spiritismo.
5-La reincarnazione è anche una credenza presente nella Astrologìa.Si tratta di un tentativo di spiegare il momento delle reincarnazioni attraverso le posizioni dei pianeti: il ritorno di un morto nel mondo presente si effettuerebbe quando si verifica l'accordo tra questa posizione e il tema astrale del defunto. Indipendentemente dall'opinione che si può avere dell'astrologìa, possiamo pensare che questo sforzo per armonizzare reincarnazione e astrologia non dia alcun apporto alla dottrina stessa della reincarnazione, se non forse un « effetto » di verosimiglianza sperimentale che può colpire l'immaginazione (successo del termine «astrale») ma che non implica niente rispetto alla dottrina in questione. In realtà, infatti, non tutti gli astrologi o gli amatori di oroscopi credono alla reincarnazione. Soprattutto, l'astrologia può adattarsi alla reincarnazione, ma non si può dire che ne costituisca assolutamente un fondamento.
6-La reincarnazione è presente anche nella Antroposofia. Una più esigente. Cerca di stabilire un nesso tra l'interpretazione spiritualista di cui abbiamo parlato, soprattutto nella sua forma di teosofia, e alcuni dati antropologici. Si tratta dell'«antroposofia» di Rudolf Steiner (1861-1925). Questa corrente, che ha le sue origini in Germania , assume l'esoterismo della teosofia ma anche l'eredità cristiana. Nello stesso tempo, cerca di fondare su basi sperimentali (escludendo però l'intervento dei medium, come fa la teosofia) una concezione dell'essere umano che lascia spazio a un corpo fisico, a un'anima spirituale (che si reincarna) e infine a uno spirito superindividuale che è metastorico e quindi non più sottoposto al ciclo delle reincarnazioni. Mossa da preoccupazioni pedagogiche e spirituali, la corrente dell'antroposofia ha oggi un soprattutto tra i cultori del mondo delle scienze. Si trova infatti al Punto di convergenza della tradizione esoterica e della scienza moderna. Ma questo tipo di credenza nella reincarnazione solleva due problemi: a) Qual è esattamente il carattere scientifico delle distinzioni antropologiche proposte da Steiner e dai suoi seguaci? b) E, soprattutto, anche I' analisi più acuta dell'essere umano lascia pur sempre la credenza nella reincarnazione nel suo ambito necessariamente non scientifico.

(cf: Enciclopedia delle Religioni in Italia- LDC)



http://www.corsodireligione.it/religioni/pensierorient/reincarnazio_2.htm

mercoledì 22 aprile 2009

Nuovi movimenti religiosi, New Age e reincarnazione

Nuovi movimenti religiosi, New Age e reincarnazione

PierLuigi Zoccatelli

[Le note si trovano alla fine del testo]

Un ambito di verifica del diffondersi e del rimodellarsi della credenza reincarnazionistica (soprattutto nel suo travaso dall’Occidente all’Oriente) è costituito dal fenomeno della nuova religiosità e dei "nuovi movimenti religiosi". In questo studio l’autore inquadra la problematica, evidenziando come la dottrina della reincarnazione sia presente – con modalità diverse – in realtà appartenenti ai vari filoni della galassia neo-religiosa contemporanea: il "fascino" dell’Oriente, i gruppi di origine cristiana e l’innovazione religiosa in Occidente. Viene poi preso in considerazione il fenomeno del New Age – non un nuovo movimento religioso in senso proprio –, utile a dimostrare come il mondo della nuova religiosità sia in grado di diffondere le proprie "credenze" oltre il campo specifico delle "appartenenze". Infine, alcune considerazioni in tema di disincanto e reincanto del mondo offrono lo spunto per riconsiderare ulteriormente gli scenari della religiosità – e particolarmente della nuova religiosità – nel mondo contemporaneo, proponendo implicitamente un superamento della contrapposizione fra secolarizzazione e rivincita della religione.



1. La reincarnazione e la nuova religiosità

Come spesso capita a chi si occupi della galassia neo-religiosa contemporanea – che si tratti di nuovi movimenti religiosi, di religioni minoritarie o di minoranze religiose, di nuovi movimenti magici o di quant’altro il panorama attuale offra allo sguardo del ricercatore –, nel corso delle proprie indagini conoscitive lo studioso ha sovente occasione di entrare in contatto personalmente con simpatizzanti o membri ai vari segmenti tipologici proposti da Rodney Stark e William Sims Bainbridge per definire le modalità di adesione a seconda dei benefici e delle risorse ("fattori compensativi") che ogni forma di appartenenza neo-religiosa "in uno stato di alta tensione con l’ambiente socio-culturale che li circonda" propone ai suoi aderenti: audience cult, client cult e cult movement [1].

Anche chi scrive non è esente da questa "esperienza" – spesso, letteralmente, singolare –, e vorrei iniziare questa breve esplorazione con un episodio accadutomi del tutto recentemente, relativo al tema che qui vorrei svolgere. Da circa tre anni il mensile Messaggero di sant’Antonio mi ha incaricato di seguire una rubrica periodica di presentazione del fenomeno della nuova religiosità, e in tal senso ho avuto occasione di redigere un articolo introduttivo al "caso Sai Baba" [2]. Solitamente alcuni lettori – prevalentemente fra gli abbonati – reagiscono agli articoli con lettere di commento che la redazione mi inoltra, e in questo caso devo ammettere che il numero di missive inviatemi è stato davvero significativamente superiore alla media. Con una particolarità: si trattava perlopiù di lettere sfavorevoli all’articolo perché non avevo sufficientemente messo in luce la reale divinità del guru di Puttaparthi. Si converrà che sembrerebbe trattarsi di una richiesta un po’ insolita, per un mensile dichiaratamente cattolico e per un autore che – pur facendo parte di un centro di ricerca neutro, dove l’abitudine è di studiare i fenomeni religiosi al di là e prima di qualunque giudizio di valore – non ha difficoltà a confessare la propria fede cattolica. Comunque sia, con uno di questi lettori che ha mostrato una certa conoscenza del caso e che ripetutamente si reca in India a visitare Sathya Sai Baba, la corrispondenza è proseguita cordialmente.

Ultimamente mi scrive (riproduco senza correggere i vari errori): "[...] Volevo informarla che dopo svariate ricerche all’Università di Siena, sono forse riuscito a visionare le traduzioni dei 'Papiri di Ossirinco ed Origene', massimi e primi Padri della Chiesa, questi documenti dovrebbero parlare molto diffusamente della Reincarnazione, legge fondamentale di tutte le Religioni, così come nei Vangeli e nella Bibbia. Purtroppo dai testi Cristiani fu abolita dall’Imperatore Giustignano nel 553 D.C. per lo sciocco capriccio di sua moglie, la quale avendo ucciso ben 500 dei suoi amanti, venne presa dal terrore al pensiero di una sua prossima Incarnazione, che la destinava a pagare i suoi crimini. I testi che facevano cenno alla Reincarnazione furono distrutti. La Chiesa, non potè che esserne felice, il pensiero della Legge del Karma e della Reincarnazione, avrebbe creato molti problemi agli scopi e interessi del Clero [...]".

Chi abbia una conoscenza un minimo approfondita sul rapporto fra cristianesimo antico e reincarnazione [3] – non dico dei papiri di Ossirinco, noti fra l’altro per contenere anche brani del terzo atto della commedia di Menandro La donna di Samia, un genere letterario un po’ dissimile dalla patristica –, sa che in queste affermazioni sono contenute un certo numero di tesi "da riporto" tipiche del mondo della nuova religiosità, e spesso nella sua modalità di un certo "orientalismo alla occidentale", un po’ come spiegato nella brillante categoria della "tradizione cumulativa dell’esoterismo" elaborata da Reender Kranenborg e che lo studioso olandese applica, fra l’altro, all’idea secondo cui Gesù avrebbe soggiornato in India, e che venne lanciata nel 1894 con l’opera dell’ebreo russo convertito al cristianesimo Nicholas Notovitch Il Vangelo buddista della vita di Gesù [4]. "Tutte le storie su Gesù in India – osserva Kranenborg – hanno una data successiva al 1894. A partire da quell’epoca ritroviamo questa tradizione ovunque, e la vediamo comparire in messaggi dall’altro mondo: ma prima del 1894 non si sapeva nulla di questa idea" [5]. Non dev’essere dunque un caso – abuso del mio gentile corrispondente in quanto esempio davvero tipico di un intero tour d’esprit – che poche righe dopo il lettore prosegua: "[...] Ho in programma un prossimo viaggio in India, ma prima di raggiungere Sai Baba, voglio fermarmi in Kascemir, dove ho intenzione di fare una approfondita ricerca alla tomba di Gesù a Srinagar [...]".

Esempi come quello appena menzionato sono peraltro sintomatici di come il mondo delle nuove credenze – e così pure del vasto fenomeno del New Age, allo stesso tempo pars e genus della nuova religiosità – costituisca un ambito di verifica del diffondersi e del rimodellarsi della credenza reincarnazionistica, soprattutto – ma non solo – nel suo travaso dall’Oriente all’Occidente, con la conseguenza oggi sempre più frequente di imbattersi in frasi come la seguente: "È provato che i primi cristiani credevano alla reincarnazione" [6]. Del tutto a proposito, quindi, nella nota redazionale di presentazione al pubblico italiano di un breve ed efficace testo magisteriale di Hans Ludvig Martensen – gesuita e teologo danese, nonché vescovo di Copenaghen – sul tema Reincarnazione e dottrina cattolica [7], si può leggere: "Se è vero che non tutti i 'nuovi movimenti religiosi' professano la dottrina della reincarnazione, essa però costituisce, indubbiamente, una delle caratteristiche più evidenti e significative della 'nuova religiosità', cioè dell’'atmosfera religiosa' diffusa nel mondo moderno come volto gemello della modernità".



2. La reincarnazione nelle "appartenenze" e nelle "credenze"

La problematica relativa, evidentemente, può essere affrontata da numerosi punti di vista [8]. Si potrebbero prendere in esame i moderni sforzi per introdurre in Occidente una mentalità – o religiosità – reincarnazionistica di origine orientale: a tal proposito il caso evocato di Sai Baba non risulterebbe isolato, giacché vi è un intero filone legato in qualche modo al "fascino dell’Oriente" che tematizza questa prospettiva, e che modernamente si muove, almeno nelle sue espressioni più significative, nell’ambito della Società Teosofica [9], autentico "motore" non solo di una certa riscoperta dell’Oriente da parte degli occidentali a cavaliere fra il XIX e il XX secolo, ma anche di molte filiazioni del mondo dei nuovi movimenti magici contemporanei, o ancora all’origine di un revival non indifferente alla nascita del New Age, e certamente di buona parte della diffusione del termine stesso "reincarnazione" sin dalla sua fondatrice, l’esoterista russa Helena Petrovna Blavatskaya (1831-1931), più nota come Madame Blavatsky [10].

Concentrando l’attenzione in un altro filone, quello dei gruppi di origine cristiana, basterebbe soffermarci invece – tanto per fare un esempio – sul caso di Vita Universale, alla cui origine vi è l’esperienza della tedesca Gabriele Wittek, e il cui successo pare anche dovuto all’unione di temi caratteristici delle nuove religioni di origine cristiana – la Wittek nasce in una famiglia cattolica – con altri tipici dei "nuovi culti" orientaleggianti o del New Age, compresa la reincarnazione in base alla legge del karma.

Se, infine, volessimo prendere in considerazione il terzo grande filone con il quale si è soliti suddividere il campo della galassia neo-religiosa, ovvero l’innovazione religiosa in Occidente, ci capiterebbe – fra l’altro – di imbatterci nella "filosofia religiosa applicata", terminologia con la quale si è soliti definire Scientology, fondata da Lafayette Ronald Hubbard (1911-1986). A partire dagli studi di Hubbard negli anni 1951-1952 – e in particolare dalla sua peculiare dottrina sul thetan, l’essenza spirituale degli esseri umani –, gli scientologi si orientarono verso l’accettazione dell’ipotesi delle vite passate. I membri della Chiesa di Scientology, a rigore, evitano risolutamente l’uso dell’espressione più comune "reincarnazione" allo scopo di rendere chiaro che rifiutano l’ipotesi della trasmigrazione del thetan in corpi animali. Come osserva il direttore dell’Institute for the Study of American Religion – J. Gordon Melton, considerato il maggiore specialista americano dei nuovi movimenti religiosi [11]: "Il thetan non si può reincarnare in qualche cosa di inferiore alla specie umana. Un’osservazione fondamentale da cui partivano le speculazioni di Hubbard si riferiva al fenomeno della 'esteriorizzazione'. Si tratterebbe dell’esperienza del thetan che lascia il corpo e sperimenta un’esistenza conscia al di fuori di esso. Attraverso questa esperienza l’individuo viene a conoscere la verità secondo cui non si identifica con il proprio corpo, ma è un essere spirituale [12]. L’esperienza della 'esteriorizzazione' permetterebbe pure di sostenere che l’essere spirituale non solo può sopravvivere a prescindere dal corpo, ma in realtà in passato ha abitato altri corpi [13]".

Finora, in ogni caso, abbiamo prestato la nostra attenzione sulla reincarnazione come portato di natura religiosa all’interno di specifiche realtà, di movimenti nel senso sociologico del termine, ovvero di "credenze" nell’ambito di "appartenenze". Chi si occupa degli scenari religiosi nella società contemporanea sa però che la "nuova religiosità" non coincide sempre – o soltanto – con i nuovi movimenti religiosi, e che anzi la riduzione della religione a religiosità non di rado si estrinseca in un believing without belonging ("credere senza appartenere"), secondo una formula particolarmente efficace della sociologa anglosassone Grace Davie [14]. Ecco così che a fronte di indici tutto sommato modesti di appartenenza ai nuovi movimenti religiosi – il caso italiano, peraltro non difficilmente applicabile a buona parte dei contesti sociali del mondo occidentale, dice riferimento a circa l’1,5% della popolazione –, evidentemente non tutti praticanti la credenza nella reincarnazione, si accompagnano dati diversi quanto al "credere senza appartenere". L’indice europeo di credenza nella reincarnazione superava nel 1981 il 21% della popolazione specificatamente intervistata, e indagini recenti suggeriscono che attualmente in molti paesi dell’Occidente afferma di credere nella reincarnazione da un quinto a un quarto della popolazione [15].



3. Il caso del New Age

Non è questa la sede per affrontare il complesso tema del New Age, che da solo meriterebbe un approfondimento sostanziale [16]. Certamente, però, il network del New Age – pure in un momento in cui si discute vivacemente della sua fine, o almeno di una sua problematica transizione in Next Age –, sembra rappresentare efficacemente quell’intero habitat dal quale l’intera galassia neo-religiosa attinge, o in cui ricadono i detriti dei gruppi che continuamente nascono o muoiono, così tipico del cultic milieu – l’"ambiente dei culti" – originariamente studiato da Colin Campbell [17]. Se ci soffermiamo brevemente sul New Age è perché questa realtà non sembra essere del tutto estranea alla diffusione della mentalità reincarnazionista, che anche secondo i suoi portavoce è una delle due idee – assieme all’astrologia – statisticamente più condivise in questo particolare ambiente.

Se già risulta difficile ricondurre tutto il vasto fenomeno della nuova religiosità a un’omogeneità interna, giacché essa esprime – con un linguaggio religioso, o almeno sacrale – un insieme di reazioni a fenomeni sociali tipici del mondo moderno, quanto più lo sarà in tema di New Age, autentico "calderone" neo-spirituale. Il caso del New Age, comunque, nella sua tipicità di mondo delle "credenze" in luogo di quello delle "appartenenze", pare svolgere la non insignificante funzione di rimettere in circolazione, adattandole alle peculiari esigenze dell’attuale contesto socio-culturale, forme di religiosità alternative alla tradizione dominante in Occidente. Da questo punto di vista non sarà inutile ricordare come queste forme, nella particolare struttura "a rete" che contraddistingue il New Age, sembrino essersi cristallizzate in varie modalità che presentano nell’"alternatività" il loro minimo comun denominatore: spiritualità alternative, terapie alternative, politiche alternative.

Come si vede, non pare potersi identificare una dottrina peculiare del New Age. O meglio, questa non è esplicitamente annunciata, anche se dall’esterno sembra lecito affermare che il New Age sia tenuto insieme da un principio di carattere epistemologico: il "relativismo volontarista" [18], ovvero un relativismo distinto dalla corrente di pensiero del relativismo razionalista caratteristico del pensiero laicista – secondo cui, semplicemente, la verità non esiste, o non è raggiungibile, perché la ragione umana non sarebbe in grado di coglierla –, e che piuttosto affonda le sue radici da una parte nella modernità e dall’altra nella tradizione esoterica. L’accenno alla tradizione esoterica si rivela utile per introdurre una ulteriore, e ultima, chiave interpretativa del New Age.

È già stato osservato come quello del sacro esoterico sia un momento decisivo nell’attuale processo di ristrutturazione del campo religioso, come pure il posto che occupano le tradizioni esoteriche quali fattori di rivitalizzazione mitico-religiosa del patrimonio di simboli intorno a cui ruota e da cui trae alimento quella religione del sé, "variante [...] contemporanea dell’antica gnosi" [19]. Si potrebbe in questo caso evocare il modello etno-antropologico di Gregory Bateson (1904-1980) – un autore che ha avuto tra l’altro una notevole influenza sul New Age – a proposito della "dissoluzione della religione" [20], un’ipotesi con la quale si è confrontata la studiosa francese Françoise Champion a proposito della fenomenologia contemporanea del ritorno del magico e che l’ha portata a parlare di una "nebulosa mistico-esoterica" costituita da credenze, mentalità, movimenti [21].

Più recentemente, un autore olandese – Wouter J. Hanegraaff – ha focalizzato i suoi studi sul New Age in un’opera importante, in cui appunto esamina il fenomeno concludendo che il New Age non è altro che il pensiero esoterico sempre esistito, ma che però si è trasformato specchiandosi nel pensiero moderno, nella secolarizzazione. Questa, come ha trasformato il cristianesimo, così ha trasformato anche l’esoterismo, che è diventato perciò una sorta di neo-esoterismo in cui si sono fatte molte concessioni al pensiero secolare, e in particolare alla scienza. Come esiste un nuovo cristianesimo, ovvero la mentalità di molte denominazioni protestanti che mettono insieme cristianesimo e modernità, così pure esiste un neo-esoterismo, un ibrido che mette insieme modernità ed esoterismo. In questo senso Hanegraaff dice che il New Age non è affatto finito; finito sarà il nome, ma è evidente che l’esoterismo è passato attraverso questo prisma e non torna più indietro [22]. La tesi è suggestiva e merita di essere riportata, suggerendo nel contempo la possibilità di una fine del New Age e pure la sua prosecuzione oltre la fine.



4. Reincanto del mondo e nuovi movimenti religiosi

In chiusura viene da chiedersi se il post-moderno cui tutti ci sentiamo ormai costretti a fare riferimento non sia, in definitiva, altro che la rivincita del pre-moderno sulla modernità. Abbiamo detto una "rivincita", beninteso, non un "ritorno". Ovvero, l’ingresso in un periodo di nuove sfide certo attuali, secondo l’etimologia di "moderno". E il nostro tempo, straordinario e particolarissimo – "time of troubles", per dirla con Arnold Toynbee; meglio, "un mondo in frantumi", come non esiterebbe a ripetere Aleksandr Solzenicyn –, si caratterizza sempre più per una serie di sfumature che andrebbero apprezzate una ad una. Il mondo della religione non fa eccezione a questa problematica.

Già negli anni 1970 l’antropologo Anthony Wallace sintetizzava a modo suo il destino della religiosità, descrivendone il percorso evolutivo come un processo di estinzione. Erano d’altronde gli anni del trionfo delle tesi sulla secolarizzazione – l’albeggiare di un mondo in cui il fatto religioso avrebbe perso sostanzialmente capacità di influenza socio-culturale – nelle società evolute e industrializzate. Chi non ricorda, sul punto, le tesi del teologo battista americano Harvey Gallagher Cox e della sua opera La città secolare [23], in cui sosteneva che il processo di secolarizzazione e la progressiva diminuzione di interesse per la religione erano ormai un dato evidente, di cui non ci si poteva ostinare a non tenere conto?

Oggi sappiamo che si era trattato di "profezie" destinate alla sconfitta, come lo stesso Cox ha dovuto ammettere trent’anni dopo, in occasione della pubblicazione della sua nuova indagine Fire from Heaven [24], in cui ad essere esaminata non è l’estinzione della religione, bensì la sua inattesa – almeno da parte di certi settori delle analisi sociali – rinascita. In esso, per accennare brevemente allo scenario di fondo [25], si prende in esame l’esplosione del pentecostalismo protestante, un fenomeno che secondo stime attendibili del 1997 raccoglierebbe circa quattrocento milioni di fedeli nel mondo, contro i trecento milioni di protestanti non pentecostali. L’esempio vale quello che vale – dirà qualcuno, forse portato a credere che il fenomeno pentecostale riguardi solo gli Stati Uniti d’America –, eppure il fatto è che nel suolo italiano il pentecostalismo raduna oltre duecentomila fedeli, una cifra che non si allontana molto dai risultati raggiunti dal "nuovo movimento religioso" più diffuso in Italia, i Testimoni di Geova.

Ciò a cui assistiamo, quindi, è un fenomeno di risveglio di interesse per il sacro e il religioso – un fatto di cui non vanno peraltro contestatati gli elementi di ambiguità –, ancor più esemplificato dalla nascita di un’intera galassia – le cifre parlano di circa ventimila nuovi movimenti religiosi e di un’utenza che supera a livello planetario il mezzo miliardo di aderenti – che gli specialisti non esitano a definire "nuova religiosità". Non è questa la sede per descriverne, seppur sommariamente, le origini storiche e le caratteristiche sociologiche o fenomenologiche [26]. Lo spunto vale però per affermare con ottimo livello di approssimazione che oggi non è la religione, ma invece la secolarizzazione – certo non il secolarismo –, che rischia di estinguersi. Con buona pace di Wallace.

Chi ricorda il celebre sociologo Max Weber, sa che la nota tesi a proposito del "disincanto del mondo", prodotto dalla razionalità, dallo sviluppo della scienza e della tecnica, non era la prefigurazione di una società "atea" – tanto più oggi che gli atei dichiarati sono, per esempio in Italia, non più del 5%, a fronte del 32% di cattolici, dell’1,5% di appartenenti a nuovi movimenti religiosi e di oltre il 60% di credenti "a modo mio" –, ma piuttosto di una società politeista, con analogia al "politeismo dei valori". Un tale "reincanto del mondo" sembra essere ciò a cui oggi stiamo effettivamente assistendo, quell’ingresso in un periodo di nuove sfide che abbbiamo appena accennato.

Insomma, per dirla con Enzo Pace, "il rapporto fra religione e modernità continua a dipanarsi in modi e forme imprevedibili. Una storia complessa e infinita. Se Weber aveva immaginato che il mondo moderno aveva ormai scavato un fossato incolmabile con il mondo incantato del sacro e organizzato dalla religione, oggi non siamo più così certi della previsione fatta dal sociologo dell’Etica protestante e spirito del capitalismo. In realtà il suo amico e collega Troeltsch gli aveva più volte obiettato che forse la modernità non era poi così inconciliabile con l’esperienza religiosa" [27].

Nel frattempo, il rapporto fra religione e secolarizzazione – pure in una società secolarizzata che a suo modo ha favorito l’emergere della nuova religiosità, e non di rado nella sua modalità magica, come il modello etno-antropologico della "decomposizione del religioso" cerca di dimostrare; o come, per converso, le trascrizioni individualistiche del network New Age in "Next Age" possono anticipare – sembra indicare uno scenario di rivincita della prima sulla seconda. Del tutto "moderno", ovvero attuale.

* "CredereOggi" , n. 18 (1998/3), fasc. 105 ("Dibattito sulla reincarnazione"), pp. 39-50.



NOTE


Cfr. Rodney Stark – William Sims Bainbridge, The Future of Religion. Secularization, Revival, and Cult Formation, University of California Press, Berkeley-Los Angeles-Londra 1985.


Cfr. il mio "Sai Baba, l’uomo dei miracoli", "Messaggero di sant’Antonio", anno 99, n° 1133, pp. 44-46, ripreso in Il caso Sai Baba. Miracoli dall'India?


La problematica è stata recentemente affrontata in un egregio lavoro di sintesi: cfr. Pietro Cantoni, Cristianesimo e reincarnazione, Elle Di Ci, Leumann (TO) 1997, in cui l’autore – interrogando le fonti secondo i canoni della migliore ricerca biblica e storica contemporanea – spiega come non vi sia traccia della reincarnazione nell’Antico e nel Nuovo Testamento, o nei Padri e negli scrittori ecclesiastici.


Cfr. Il Vangelo buddista della vita di Gesù, trad. it, Atanòr, Roma 1985.


Reender Kranenborg, "Quello che è nuovo nelle nuove rivelazioni: la tradizione cumulativa dell’esoterismo", in CESNUR – Centro Studi sulle Nuove Religioni, Le nuove rivelazioni, a cura di Massimo Introvigne, Elle Di Ci, Leumann (TO) 1991, pp. 183-213 (p. 203).


La Reincarnazione e la fede cristiana. Sei già stato molte volte su questa terra, trad. it., Vita Universale, Milano 1986, p. 10.


Cfr. Hans Ludvig Martensen S.J., Reincarnazione e dottrina cattolica. La Chiesa di fronte alla dottrina della reincarnazione, trad. it., Cristianità, Piacenza 1993.


Particolarmente utile, nel cono di interesse che qui ci occupa, è un testo interdisciplinare: cfr. CESNUR – Centro Studi sulle Nuove Religioni, La sfida della reincarnazione, a cura di M. Introvigne, Effedieffe, Milano 1993.


A parte il caso del fondatore della Società Antroposofica, Rudolf Steiner (1861-1925) – i cui primi scritti sulla reincarnazione risalgono al periodo in cui era ancora membro della Società Teosofica –, abbiamo J. M. Pryse che appartenne alla cerchia di Madame Blavatsky dal 1886 fino alla morte di questa e Geddes MacGregor, le cui ultime opere sono pubblicate dalla Theosophical Publishing House. Sulla Società Teosofica un primo approccio è in M. Introvigne, Le nuove Religioni, SugarCo, Milano 1989, pp. 271-276; in forma più estesa si veda, di prossima pubblicazione nella collana "Religioni e Movimenti" della Elle Di Ci: James Santucci, La Società Teosofica.


Prima di lei c’è Allan Kardec (1804-1869), il sistematizzatore dello spiritismo "classico". Sullo spiritismo cfr. CESNUR – Centro Studi sulle Nuove Religioni, Lo spiritismo, a cura di M. Introvigne, Elle Di Ci, Leumann (TO) 1989; e, nella collana "Religioni e Movimenti", Michael W. Homer, Lo spiritismo, Elle Di Ci, Leumann (TO) 1999.


Cfr. J. Gordon Melton, Scientology, Elle Di Ci , Leumann (TO) 1998.


L’esperienza della "esteriorizzazione" è simile a quella che viene descritta nella letteratura parapsicologica come viaggio astrale o viaggio fuori del corpo. Cfr. per esempio i lavori di Susan Blackmore, Beyond the Body. An Investigation of Out-of-Body Experiences, Heineman, Londra 1981, e Robert A. Monroe, Journeys Out of the Body, Doubleday, Garden City (New York) 1971.


Occorre ricordare che Hubbard cominciò a occuparsi della vita e della natura del thetan negli anni 1950, in un’epoca in cui solo pochi americani (in genere membri della Società Teosofica) proclamavano pubblicamente la loro credenza nella reincarnazione.


Cfr. Grace Davie, Religion in Britain since 1945. Believing without Belonging, Blackwell, Oxford 1994.


Per una discussione sulle statistiche cfr. Luigi Berzano - M. Introvigne, La sfida infinita. La nuova religiosità nella Sicilia centrale, Sciascia, Caltanissetta-Roma 1994, pp. 87-97; e Idem, Il gigante invisibile. Nuove credenze e minoranze religiose nella provincia di Foggia, N.E.D., Foggia 1997.


Mi sia consentito rimandare il lettore desideroso di un primo accostamento al mio Il New Age, Elle Di Ci, Leumann (TO) 1997 (rist. 1998), dove si potrà inoltre reperire un percorso bibliografico per ulteriori indagini.


Cfr. Colin Campbell, "The Cult, the Cultic Milieu and Secularization", in Michael Hill (a cura di), A Sociological Yearbook of Religion in Britain - 5, SCM Press, Londra 1972, pp. 119-136.


Sul punto cfr. M. Introvigne, Storia del New Age 1962-1992, Cristianità, Piacenza 1994.


Giovanni Filoramo, Figure del sacro. Saggi di storia religiosa, Morcelliana, Brescia 1993, p. 297; cfr. quanto osserva lo stesso autore in Il risveglio della gnosi ovvero diventare dio, Laterza, Roma-Bari 1990 (soprattutto cap. 1).


Cfr. Gregory Batheson - Mary Catherine Bateson, Angels Fear. Towards an Epistemology of the Sacred, Macmillan, New York 1987, p. 56 (trad. it.: Dove gli angeli esitano. Verso un’epistemologia del sacro, Adelphi, Milano 1989).


Cfr. Françoise Champion, "La Nébuleuse mystique-ésotérique. Une décomposition du religieux entre humanisme revisité, magique, psychologique", in Jean-Baptiste Martin e François Laplantine (a cura di), Le Défi magique. I. Esotérisme, occultisme, spiritisme, Presses Universitaires de Lyon, Lione 1994, pp. 315-326.


Cfr. Wouter J. Hanegraaff, New Age Religion and Western Culture. Esotericism in the Mirror of Secular Thought, Brill, Leida 1996 (reprint: State University of New York Press, Albany 1997).


Cfr. Harvey G. Cox, The Secular City, Macmillan, New York 1965 (trad. it.: La città secolare, Vallecchi, Firenze 1968).


Cfr. Idem, Fire from Heaven. The Rise of Pentecostal Spirituality and the Reshaping of Religion in the Twenty-First Century, Addison-Wesley, Reading (Massachusetts) 1995.


Per un approfondimento sostanziale alla tematica, cfr. M. Introvigne, Il sacro postmoderno. Chiesa, relativismo e nuova religiosità, Gribaudi, Milano 1996, pp. 5-22.


Un approccio complessivo al tema è ancora oggi quello di Idem, Le nuove Religioni, cit.; altre due opere italiane possono essere considerate importanti sul tema: Aldo Natale Terrin, Nuove religioni. Alla ricerca della terra promessa, Morcelliana, Brescia 1985; e Giovanni Filoramo, I nuovi movimenti religiosi. Metamorfosi del sacro, Laterza, Roma-Bari 1986.


Enzo Pace, Prefazione, in (a cura di Luigi Berzano) Forme del pluralismo religioso. Rassegna di gruppi e movimenti a Torino, Il Segnalibro, Torino 1997, p. XI.



Nota bibliografica

Per un primo accostamento al tema dei "nuovi movimenti religiosi" si veda in particolare il volume enciclopedico di Massimo Introvigne, Le nuove Religioni, SugarCo, Milano 1989, a cui si accompagnerà con profitto la lettura dell’analogo volume sui "nuovi movimenti magici", Il cappello del mago. I nuovi movimenti magici dallo spiritismo al satanismo, SugarCo, Milano 1990. Altre due opere italiane possono essere considerate importanti sul tema: Aldo Natale Terrin, Nuove religioni. Alla ricerca della terra promessa, Morcelliana, Brescia 1985; e Giovanni Filoramo, I nuovi movimenti religiosi. Metamorfosi del sacro, Laterza, Roma-Bari 1986. Quanto ai rapporti fra nuova religiosità e reincarnazione, si potrà iniziare dalla lettura di CESNUR – Centro Studi sulle Nuove Religioni, La sfida della reincarnazione, a cura di M. Introvigne, Effedieffe, Milano 1993. Un lavoro che tiene presente il rapporto fra reincarnazione e nuova religiosità nell’analizzare quello fra cristianesimo e reincarnazione è il libro di Pietro Cantoni, Cristianesimo e reincarnazione, Elle Di Ci, Leumann (TO) 1997. Una discussione sulle statistiche della diffusione della credenza nella reincarnazione è in Luigi Berzano - M. Introvigne, La sfida infinita. La nuova religiosità nella Sicilia centrale, Sciascia, Caltanissetta-Roma 1994, pp. 87-97; e Idem, Il gigante invisibile. Nuove credenze e minoranze religiose nella provincia di Foggia, N.E.D., Foggia 1997. Sul New Age, si vedano PierLuigi Zoccatelli, Il New Age, Elle Di Ci, Leumann (TO) 19982 dove si potrà inoltre reperire un percorso bibliografico per ulteriori indagini; M. Introvigne, Storia del New Age 1962-1992, Cristianità, Piacenza 1994, un volume che oltre a ripercorrere le tappe storiche del fenomeno offre anche elementi di valutazione e di giudizio sul New Age dal punto di vista della dottrina cattolica; Wouter J. Hanegraaff, New Age Religion and Western Culture. Esotericism in the Mirror of Secular Thought, Brill, Leida 1996 (reprint: State University of New York Press, Albany 1997). Sui rapporti fra secolarizzazione, post-moderno e nuovi movimenti religiosi, cfr. G. Filoramo, Figure del sacro. Saggi di storia religiosa, Morcelliana, Brescia 1993, e M. Introvigne, Il sacro postmoderno. Chiesa, relativismo e nuova religiosità, Gribaudi, Milano 1996.